martedì 22 novembre 2011

A chi serve Google Music?

Contenuti esclusivi, grande passione per la musica, integrazione con Android, ma per il momento non può ancora competere con iTunes e Spotify. Da Daily Wired.


A chi serve un altro store musicale digitale, in un panorama dominato da iTunes eSpotify? Apparentemente a nessuno. Apparentemente. Perché se a lanciare lo store è Google... Google Music, con la presentazione di ieri sera, è uscito dalla beta e ha definito la sua offerta e il suo target. Un servizio che serve soprattutto a Google stessa e agli utenti Android, che non sono certo pochi.

Google Music colma un vuoto, enorme, in un’offerta di servizi così varia come quella del colosso californiano. Un vuoto tanto più grande se si pensa il ruolo di traino che la musica ha avuto nell’innovazione digitale. Perché questo ha voluto fare Google con Music: completare il proprioecosistema. Anche perché, secondo gli ultimi dati della Ifpi, il mercato digitale è cresciuto nel 2010 del 6 per cento, con ricavi per 42 miliardi di dollari - un aumento del 1000 per cento, se si considerano gli ultimi 6 anni. Chi ha un account Google (chi non ce l’ha?) potrà usarlo per mettere la propria musica sulla nuvola, ascoltarla da remoto, scoprirne di nuova, comprarla, condividerla. Più o meno le stesse cose che offre l’ecosistema musicale Apple, condivisione a parte - che è notoriamente il tallone di Achille di iTunes. Però gli utenti Android non possono e non potranno accedere ad iTunes Match e i loro telefoni non possono dialogare con iTunes. Ma con la nuova applicazione mobile, che completa il servizio, il sistema musicale di Google sarà autosufficiente e perfettamente integrato.

Twitter, gli hashtag e l’Intelligenza collettiva

A rendere così importante Twitter è l’hashtag, che permette di seguire e indicizzare facilmente ogni discussione, rendendo l'insieme dei contenuti un reticolo dotato di senso. Da Ninjamarketing.it



Twitter sta diventando sempre più centro nevralgico del dibattito sul web. Per certi versi, più di Facebook. Vuoi per la sua natura centrifuga (come sottolineato in un’intervista molto interessante dal collettivo WuMing) vuoi per il fatto che grazie agli hashtag è possibile indicizzare le discussioni.

Nel 2010, ci racconta Laura Larsell nel post “How Hashtagging the Web Could Improve Our Collective Intelligence” la biblioteca del Congresso Americano ha cominciato ad archiviare letteralmente i contenuti prodotti sul sito di microblogging, con la consapevolezza che un giorno tutta questa mole di dati sarebbe stata utile.

Per cosa? Per comprendere se l’interazione prodotta nel mare di trending topic, tweet, menzioni e retweet formasse non un magma senza forma ma una vera e propria struttura intellettiva, quasi una rete formalizzata di pensieri e tendenze.

Un insieme formato da freddure, concetti e citazioni che restituisce di fatto la fotografia di un pianeta in evoluzione.

I tablet cambiano l'esperienza di navigazione

Con i tablet i libri e gli articoli di approfondimento rinascono a nuova vita mentre gli smartphone si dovranno ritagliare un ruolo di puro device applicativo o di servizio in cui il contenuto è minimo. Da La Stampa.



Mentre il Kindle Fire di Amazon fa tanto parlare di sé nei giorni del suo rilascio negli Usa, viene resa nota una ricerca che fa comprendere come i tablet stiano cambiando la fruizione dei contenuti web.

Ooyala, fornitore di servizi video per molti fornitori di contenuti americani, ha realizzato una ricerca incrociando i dati legati alla visualizzazione dei video di una considerevole base di 100 milioni di utenti unici al mese in più di cento paesi.

La sintesi della ricerca sostiene che chi utilizza un tablet vede circa il 30% in più di minuti video rispetto a un utilizzatore di Pc. In particolare, a ogni minuto di filmato visto su Pc corrisponde un minuto e 17 secondi visto su tablet e il totale dei video conclusi su tablet supera del 30% quello dei corrispondenti visualizzati su Pc.

Equivalentemente, i filmati più lunghi si preferisce vederli su tablet, da dispositivi collegati alla Tv o da console di gioco, relegando a Pc, laptop e smartphone la visione di quelli più corti. I video di almeno dieci minuti sono visti dal 30% del campione su smartphone, dal 42% su tablet e dal 75% su dispositivi collegati alla Tv e tramite console di gioco. Il 20% degli utenti “mobili” infine arriva almeno a tre quarti del video mentre il 18% degli utilizzatori di Pc supera questa soglia.

mercoledì 16 novembre 2011

La mia guida è lo smartphone

L'evoluzione della vacanza italiana negli ultimi 10 anni secondo Expedia: proliferano app e social network turistici raggiungibili con il mobile. Destinazioni: Usa e Grecia al top. Da La Repubblica.



Dai depliant dell'agenzia viaggi alla comparazione di offerte online. Dal consiglio di un nativo al suggerimento di un'applicazione mobile geolocalizzata. Dalle partenze intelligenti alle prenotazioni anticipate. Expedia.it ci racconta come sono cambiate le abitudini degli italiani nella prenotazione dei viaggi e come si evolveranno in futuro, quali sono le mete al top e come siamo diventati esperti di mercato valutario.

La macchina del tempo e il SoLoMo. Torniamo indietro di qualche anno. Non servono grossi salti temporali, basta soffermarsi al 2004. Sette anni fa i viaggi online contavano solo per un 3% del mercato totale delle vacanze in Italia: tale percentuale si è triplicata nel 2006, arrivando oggi fino ad oltre il 20%. Una crescita guidata dalle giovani generazioni e adesso anche dalla passione per gli smartphone. Infatti, secondo i dati Comscore 2010 Mobile Year, l'Italia è ai primi posti in Europa per penetrazione di smartphone e, con oltre 16,7 milioni di abbonati, è seconda solo alla Spagna. Proprio il mobile è la nuova frontiera dei viaggi online. Per questo negli ultimi anni c'è stato un proliferare di applicazioni e social network correlate al turismo, da Foursquare a Gowalla, da Expedia Hotel alla recentissima app del Touring Club: è l'era del SoLoMo, ovvero l'unione di Sociale, Locale e Mobile. Il turista mobile vuole essere aggiornato immediatamente in qualunque angolo del mondo si trovi e vuole ottenere suggerimenti basati sulla propria localizzazione.

Google e Poste mettono online 27 mila Pmi

Nei suoi primi sei mesi di vita, "La Mia Impresa Online.it" ha raccolto adesioni in tutta Italia, con valori abbastanza uniformi nelle diverse aree geografiche. Da La Repubblica.



La carica delle piccole ricomincia dall’economia digitale. Sono 27 mila le piccole e medie imprese italiane che, a sei mesi dal lancio di "La Mia Impresa Online.it", il progetto congiunto di Google, Seat Pagine Gialle, Register.it e Poste Italiane hanno già registrato il proprio dominio Web e fatto il loro debutto in rete. Il dato non è da poco, se si considera il basso tasso di penetrazione delle Pmi sul Web. Meno del 25% delle piccole imprese italiane ha un sito, percentuale che scende al 20% se prendiamo in considerazione le realtà con meno di dieci dipendenti. Quest’ultime, quelle che per resistenza culturale e uno sviluppo della banda larga ancora in apnea, sono proprio il target de "La Mia Impresa Online". Come è il caso del parrucchiere di Padova, che, sbarcando sulla rete, ha messo a punto un sistema efficiente di prenotazioni; dell’idraulico torinese che in rete riceve richieste di preventivi o l’azienda di riparazione di Modena che ha aumentato del 10% il proprio fatturato grazie alle le campagne di Google AdWords, che gli hanno permesso di accrescere numero di clienti e quindi il giro d’affari. 

Rapido, efficace, creativo. Il salto nella rete è una opportunità per le microimprese. E soprattutto una piattaforma flessibile per vendere prodotti e servizi. L’11% delle Pmi che ha aderito al progetto ha attivato una piattaforma di eCommerce; non moltissime, quindi, ma si tratta più del doppio della media nazionale, secondo i dati forniti da Eurisko. E il 25% delle 27 mila online ha avviato una campagna di comunicazione con Google AdWords, il sistema a pagamento che accresce la visibilità sul Web migliorando il posizionamento del proprio dominio sul motore di ricerca. Spiega Alessandro Antiga, direttore Marketing di Google per l’Italia: «Sono tre gli indicatori che ci raccontano lo sbarco sulla rete delle Pmi. Chi l’ha fatto cresce di più, aumenta l’export e assume di più. Questa è la stima di tutti gli studi. In media le Pmi attive in rete hanno infatti registrato una crescita media dell’1,2% dei ricavi negli ultimi tre anni, rispetto a un calo del 4,5% di quelle offline e un’incidenza di vendite all’estero del 15% rispetto al 4% delle offline». Anche perché lo scenario economico di riferimento è sempre più Internetdipendente: il 73% della popolazione italiana tra gli 11 e i 74 anni, stando a dati Audiweb ha ormai un collegamento ad Internet e ogni mese (fonte Netcomm School of Management Politecnico di Milano) oltre 26,2 milioni di persone navigano sul Web, una crescita del 10% rispetto allo scorso anno.

lunedì 14 novembre 2011

Socialpolitìk

Come Facebook e Twitter stanno cambiando le regole della politica e le abitudini di candidati ed elettori. Da Lettura de Il Corriere della Sera.



Scena: il dibattito televisivo delle elezioni per il Presidente della Repubblica d’Irlanda. L’imprenditore prestato alla politica Seán Gallagher che i sondaggi danno in ascesa è sotto l’attacco diretto del suo avversario Martin McGuinness: una vicenda poco chiara di bustarelle. All’improvviso, il moderatore legge un tweet appena arrivato da chissà dove, che annuncia per il giorno dopo una conferenza stampa del principale accusatore di Gallagher: è il colpo del KO. Tutti realizzano, in quel preciso momento e solo allora, che il businessman non sarà il prossimo Presidente irlandese.

«I politici stanno capendo sempre di più che non possono controllare Twitter, nel bene e nel male», osserva Gregor Poynton, direttore politico in Europa di Blue State Digital, la boutique digitale che nel 2008, inventandosi MyBarackObama — una sorta di Facebook per militanti e volontari — contribuì a fare della campagna online del giovane senatore nero il più incredibile successo di comunicazione politica in Rete del mondo.

Se quella corsa elettorale perla Casa Biancafu egemonizzata proprio da Facebook — anche per il coinvolgimento diretto di Chris Hughes, uno dei fondatori del social network, nella campagna di Obama — la sfida online del 2012 sarà combattuta a colpi di hashtag (il cancelletto che identifica su Twitter) e di retweet. Grazie alla crescita, alla velocità e al carattere personale della piattaforma di microblogging, «chiunque con un minuto libero e un account di Twitter può accedere e trovarsi a far parte di una battaglia nazionale a suon di messaggi», come argomentava di recente Nancy Scola sull’«Atlantic».

Una vecchia volpe della comunicazione politica come Alastair Campbell, l’ex-spin doctor di Tony Blair, spiega al «Corriere della Sera» i termini del cambiamento in corso: «Tradizionalmente, tv e stampa erano in grado di dominare l’agenda e, in qualche modo, di decidere cosa contava in una elezione. I social media hanno cambiato l’equilibrio, dando più voce alla gente comune che non si fida dei politici e dei giornalisti come un tempo. Le persone — argomenta Campbell, molto attivo su Internet — si fidano l’una dell’altra: è questa, ad esempio, la genialità del concetto di “dare l’amicizia” su Facebook. Il passaparola elettronico è importante».


Gli uomini abboccano su Facebook

I maschi sono i bersagli più facili dello scam sui social network: la metà è pronta ad accettare l'amicizia di sconosciuti. Soprattutto se la richiesta arriva da ragazze attraenti. Da Daily Wired.



Sempre la stessa storia: apri la home di Facebook e ti piovono addosso richieste di amicizia da persone che non conosci. Capita a tutti, donne e uomini, ma a quanto pare i maschi sono più inclini a rispondere di sì a dei perfetti sconosciuti. E la tendenza è più forte quando dall'altra parte c'è unadonna attraente. Un comportamento questo, come spiega Mail Online, che renderebbe gli uomini dei facili bersagli per chi vuole sottrarre i loro dati sensibili. Chiunque infatti potrebbe caricare sul profilo Facebook la foto di una bella ragazza, procedere con le richieste di amicizia e poi accedere alle informazioni personali che si condividono di solito con gli “amici”. Insomma, ce lo aspettavamo quasi che gli uomini fossero i più impulsivi, ma la conferma arriva ora da uno studio commissionato dalla software house Bitdefender.

Per capirlo è bastato monitorare il comportamento di 1649 utenti Facebook (maschi e femmine) che vivono tra Stati Uniti e Gran Bretagna. È così emerso che il 64 per cento delle donne rifiuta le amicizie provenienti da sconosciuti, mentre il 45 per cento degli uomini vi si getta letteralmente tra le braccia.


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Quanto vali sul web? Basta un click per saperlo!

Ecco Klout, un servizio online che aggrega le attività degli utenti sulle piattaforme social e le valuta con un punteggio da1 a100, base a tre parametri: quante persone seguono ogni giorno i tuoi aggiornamenti; quante volte i tuoi contenuti vengono riproposti e condivisi da altri utenti; e il numero di contenuti che vengono condivisi da utenti «influenti». Da Lettura, supplemento domenicale de Il Corriere della Sera.


Se Facebook ha visto la luce in una stanza universitaria e Twitter su un’altalena al parco, Klout — il social network che misura l’influenza online degli utenti — è nato in un ristorante messicano. Nel 2008 un giovane agente immobiliare di San Francisco, Joe Fernandez, bloccato a casa per un’operazione alla mandibola, riesce a comunicare con il mondo solo via pc: «I social media — racconta Fernandez al “Corriere della Sera” — erano diventati la mia fonte primaria di informazioni, il mio bar, l’arena per discutere». È in quelle settimane che per Fernandez diventa fondamentale capire di chi fidarsi online. Il pensiero diventa business il giorno della guarigione quando, all’uscita dallo studio medico, il giovane viene assalito da un desiderio di burritos. «Chiedo su Facebook dove trovare i migliori di New York e, nella scelta, mi affido alle persone che hanno più credenziali per la risposta corretta: numero di “amici” e ridondanza di temi culinari nei contenuti».

Da lì l’idea di progettare uno strumento capace di misurare l’influenza online. Nasce così Klout, un servizio online che contiene un algoritmo capace di aggregare le attività degli utenti sulle piattaforme social — da Twitter a LinkedIn — e valutarle con un punteggio da1 a100. Tre i parametri: quante persone seguono ogni giorno i tuoi aggiornamenti; quante volte i tuoi contenuti vengono riproposti e condivisi da altri utenti; e il numero di contenuti che vengono condivisi da utenti «influenti». Non basta avere migliaia di followers o «amici», bisogna saperli usare. Quello che Azeem Azhar, ceo di PeerIndex, concorrente di Klout nel misurare la reputazione digitale, chiama «Clay Shirky problem».

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sabato 12 novembre 2011

Google Chrome OS non decolla

Eric Schmidt vola a Taiwan per cercare di convincere i produttori ad adottare Chrome OS su tutti i PC, ma la mancanza di un supporto adeguato, le vendite scarse e l'inadeguatezza alle necessità aziendali lasciano scettici i produttori orientali. Da Tom's Hardware



Chrome OS è un sistema di alto profilo per i PC, che dovrebbe essere adottato su larga scala. A pensarla così è il presidente esecutivo di Google Eric Schmidt, ma i produttori di computer non sembrano affatto d'accordo. Nel corso di un evento taiwanese Schmidt ha cercato di magnificare i vantaggi del suo sistema operativo basato su cloud, citando l'avvio veloce, l'assenza di virus, le licenze gratuite e altro. I possibili clienti orientali sono tuttavia rimasti scettici, soprattutto davanti alla necessità che l'azienda di Mountain View fornisca maggiori risorse e supporto. L'azione promozionale di Schmidt in persona arriva a quasi sei mesi dall'annuncio ufficiale del sistema operativo di Mountain View e dall'arrivo in commercio dei primi Chromebook prodotti da Samsung e Acer, che hanno avuto un insuccesso tale da essere quasi imbarazzante. Proprio alla luce dei guadagni che stentano ad arrivare i produttori taiwanesi hanno assunto un atteggiamento passivo nei confronti dei progetti che riguardano altri computer con Google Chrome OS.

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giovedì 10 novembre 2011

Firefox 8 scopre Twitter, ricerche social e sicurezza

Mozilla Foundation lancia l'ottava versione del suo popolare software "open source". Per Windows, Mac, Linux e anche per Android. Ecco alcune delle principali novità. Da La Repubblica.


FIREFOX tutto nuovo: la versione 8 - rilasciata ieri 1 - promette di essere più veloce di quella che l'ha preceduta, più sicura grazie a una sorta di "filtro" per le estensioni di terze parti, e soprattutto, social-oriented, con l'inserimento dell'universo Twitter nella casella di ricerca (non ancora in italiano, ma lo sarà presto). Tante novità dunque per il secondo browser più diffuso del pianeta (con il 21, 2%) dietro Internet Explorer in costante calo e per la prima volta sceso sotto il 50% 2 (49,59%). Firefox 8 è ora disponibile nelle versioni per Mac OS X, Windows e Linux e, per quanto riguarda il mondo di tablet e smartphone, anche per Android. Ma ecco le novità:

Nuova gestione per gli add-on. E' quello che non si vede ma che ha un effetto positivo sulla reattività del software intero. Ed è quello che interessa di più agli utenti. "Questi add-on installati da terze parti hanno diversi problemi: possono rallentare l'avvio e il tempo di caricamento delle pagine di Firefox", ha spiegato il programmatore Justin Scott, "possono ingombrare l'interfaccia con toolbar che spesso non sono usate, rimangono indietro quanto a compatibilità e sicurezza e, cosa più importante, non permettono all'utente di controllare i propri add-on". Ecco perché quelli installati
- e dal comportamento non del tutto trasparente - in partenza non saranno attivi, ma l'utente potrà deciderle se attivarli o meno attraverso una finestra di dialogo.

mercoledì 9 novembre 2011

Google+ anche per le aziende

Il sito sociale di Mountain View apre finalmente alle imprese e rilancia la sfida a Facebook: le aziende potrebbero integrare G+ con gli altri servizi di Google, una possibilità che Facebook non può garantire. Da La Repubblica.


GOOGLE+ ora è pronto e tende una mano alle aziende: il social network di Big G, che in pochi mesi ha guadagnato 40 milioni di utenti, apre ora i suoi profili (che in questo caso si chiameranno Pages, come in Facebook) anche alle imprese, inasprendo la battaglia con il sito fondato da Mark Zuckerberg.

L'arrivo degli account aziendali sul social network non era scontata. In una prima fase, molti account erano stati chiusi 1, tra cui anche quello di Repubblica.it. Stessa sorte delle aziende anche per molti vip, che si sono ritrovati cacciati (e poi riapprovati) senza un vero motivo. Nei primi mesi infatti, Google scoraggiava l'utilizzo corporate del social network perché si pensava stesse pensando a una versione dedicata, forse a pagamento. "Siamo ancora in una fase iniziale", spiegava Google Italia. "L'accesso al nostro social network non a caso è su invito. Non si tratta ancora di un ambiente aperto a tutti. Normale che molte cose siano in via di definizione".

Ora l'annuncio sul blog ufficiale della compagnia: "Finora ci siamo concentrati nel connettere le persone. Ma vogliamo essere sicuri che possiate costruire relazioni con qualsiasi cosa a cui teniate, dai negozi di quartiere ai brand globali, quindi lanciamo oggi Google+ Pages in tutto il mondo".

Non è un annuncio da poco. Anche perché Google non si accontenta di dare la possibilità di seguire, commentare, condividere e fare +1 (l'equivalente del 'Mi piace' di Facebook) sui contenuti di una Page. La marcia in più di Google è la possibilità di connessione con gli altri servizi di Mountain View, a partire dal motore di ricerca e, in prospettiva, del sistema pubblicitario AdWords.

L' archivio tra le nuvole semplifica la vita in terra

Il 56% degli intervistati da Nextplora memorizza sul web foto e film Aumentano le offerte, spesso gratuite fino a 2-5 Gigabyte di memoria. Con un grande limite: senza la banda larga il sistema perde efficienza. Da Il Corriere della Sera.



Gli italiani vivono già sulla nuvola informatica, ma non lo sanno. L' 88% di chi naviga su Internet usa almeno un servizio di cloud computing. Tuttavia lo fa in modo inconsapevole. A rivelarlo è il recente Osservatorio Internet 2011 condotto da Nextplora, per conto di Microsoft. A essere monitorato in ambito domestico è stato un campione di 1.000 cybernauti. Memorie lontane Emerge che il 56% degli intervistati memorizza foto e filmati sul web, il 29% musica e compilation, mentre il 18% usa il cloud per archiviare documenti. Dal punto di vista informatico la notizia è positiva. Perché significa che il cloud computing assolve al suo compito principale. Quello di operare attraverso App e software in modo trasparente, rendendo semplice la vita di chi lo usa. Tuttavia l' Osservatorio mette in luce che risultano molteplici le potenzialità nascoste, ancora da scoprire da parte degli utenti. Le applicazioni Diamo allora uno sguardo a quello che si può fare sulla «nuvola». Ai primi posti delle applicazioni cloud troviamo la creazione di spazi personali di memoria. Si tratta di aree di parecchi Gigabyte dove archiviare i propri file. Senza necessità di usare chiavette e hard disk portatili. Il vantaggio è dunque duplice. Disporre di una comoda area di backup «sempre e in ogni luogo». E poi condividere in modo sicuro le informazioni con altri utenti. Un esempio arriva da DropBox dell' omonima software house di San Francisco. Conta già 45 milioni di utenti nel mondo e risulta uno degli archivi virtuali più gettonati per il salvataggio digitale. Mette a disposizione gratuita 2 GB (Gigabyte) di memoria, ma per liberare spazio i file si possono cancellare e sovrascrivere. Per maggiori capacità l' utente dispone di soluzioni a pagamento con prezzi che partono da 7 euro al mese per 50 GB. I singoli file si caricano direttamente sulla nuvola non solo dal Pc, ma anche da smartphone e tablet. Le relative App sono disponibili per dispositivi mobili Apple, Android e BlackBerry. Più capaci Google Docs figura invece tra i software nati per gestire la «produttività personale» in modalità cloud.


Ecco Poorsquare, per mangiare e bere gratis

Poorsquare analizza le offerte presenti nel database di Foursquare, le riorganizza per data, tipologia e ubicazione, e le posiziona su una mappa a disposizione dell’utente. Da Panorama.



Sulla homepage compare la figura stilizzata di un ragazzo travestito da miliardario. Smoking, cilindro, capelli arruffati e un cartello di protesta che recita: “Io sono il 99%. Fammi vedere cosa c’è in omaggio”. Messa così, potrebbe sembrare una social campaign in sostegno ai movimenti nati da Occupy Wall Street. In realtà Poorsquare è una web app studiata per trovare offerte gratuite spulciando il database di Foursquare.

Ideato da Jeff Novich e Pinz Pinzler, entrambi ex studenti della Columbia Journalism School, Poorsquare passa in rassegna tutte le offerte presenti nel database di Foursquare, le riorganizza per data, tipologia e ubicazione, e le posiziona su una mappa a disposizione dell’utente. Se ad esempio sei a New York, dalle parti di Central Park, e vuoi procurarti un drink o una colazione gratuita senza scarpinare troppo, ti colleghi a Poorsquare e nel giro di un click scopri che asulla 66esima regalano un bicchiere di champagne ogni 3 check-in su Foursquare. Le ricerche possono essere modificate in modo da trovare solo le offerte omaggioche non richiedono l’acquisto di un altro prodotto, o che possono essere ottenute già al primo check-in. È inoltre possibile cercare le offerte per comitive, e procurarsi caffè gratis o altri sconti presentandosi con un gruppo d’amici.

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lunedì 7 novembre 2011

Le comunità virtuali: utili ma devono essere garantite

Possono essere una fonte di consigli efficaci, oppure rivelarsi pericolosi veicoli di notizie fuorvianti o persino dannose. Da Il Corriere della Sera.



Dopo la dimissione dall' ospedale, pazienti e familiari restano soli, con la necessità di gestire gli effetti collaterali delle terapie o le conseguenze di un intervento chirurgico. La tentazione di cercare risposte su internet è irresistibile e, in questo contesto, i social network come Facebook o le varie "comunità virtuali" possono essere potenti mezzi per distribuire informazioni. Che si rivelino fonti di consigli efficaci, o pericolosi veicoli di notizie fuorvianti e dannose dipende soprattutto da chi li gestisce. Lo dimostra uno studio - presentato a Washington al Congresso annuale di Gastroenterologia, da ricercatori americani della Mayo Clinic - che ha coinvolto 65 pazienti trattati per un tumore dell' esofago. «È difficile per le persone a cui viene diagnosticata questa forma di cancro trovare informazioni utili ad affrontare l' iter di cure che li aspetta - ha spiegato l' autore, Herbert Wolfsen -. Per questo, nel 2008 abbiamo deciso di creare un gruppo su Facebook dove pazienti e familiari possono condividere le proprie esperienze. E dove si danno notizie corrette, ma dal punto di vista e con il linguaggio dei malati». Non a caso la stragrande maggioranza dei discorsi ruota intorno alle soluzioni pratiche per convivere con le conseguenze post-operatorie e i disturbi che, per chi è stato curato di carcinoma esofageo, riguardano soprattutto dieta, nutrizione e difficoltà a deglutire. La community si è rivelata un successo: è come una piazza di un piccolo paese in cui si trova sempre qualcuno con cui fare due chiacchiere per sentirsi meno soli. E persino meglio, perché chi incontri ha i tuoi stessi problemi e qualche consiglio utile per risolverli. Il tutto "sorvegliato" però da medici.

Arriva Diaspora: parte il web sociale

Diaspora permette di suddividere i contatti in gruppi chiamati aspetti. Solo su Diaspora, gli aspetti fanno sì che le foto, i racconti e gli scherzi siano condivisi solamente con le persone che si desidera. Da Il Sole 24 Ore.


L'attesa è stata messianica. Diaspora, l'anti-Facebook finalmente ha aperto al pubblico: si parte con diecimila nuovi utenti al mese e si va avanti così. Il social network paradiso dei programmatori, nato per essere open source e protettore della privacy parte con molte incognite e una certezza: non darà alcun fastidio a Facebook. Anzi, non c'entra proprio nulla con la "casa" di Zuckerberg. Dopo qualche giorno passato su Diaspora si ha davvero l'impressione di un ambiente pulito, attento più ai contenuti che alle relazioni, più interessi che amici. Ed è proprio questa la prima differenza di rilievo. Per discutere di un tema o condividere un link non è necessario essere amico di qualcuno. Possiamo seguire certi argomenti indipendentemente dalla nostra relazione con chi li scrive. Con una logica alla Twitter, ossia attraverso gli hashtag o più volgarmente i cancelletti seguiti dal tema. La seconda novità, si fa per dire, è la scelta di classificare i propri contatti – che peraltro possono essere importati con facilità da Facebook, Twitter e Tumblr – in base agli ambiti della sua vita. Per esempio, amici, famiglia, lavoro eccetera. Scelta questa unilaterale e non visibile agli altri. Proprio per questo non dissimile dalle cerchie (circles) lanciate da Google+.
Al netto di questa struttura di gestione degli stream, la conversazione e il corollario multimediale si dipanano come in qualsiasi altro social network alla Facebook. Apparentemente qualcuno potrebbe leggerci una contaminazione del meglio dei media sociali esistenti. Ma in realtà non è affatto così. Come hanno più volte spiegato i quattro fondatori di Diaspora, l'intento non è mai stato quello di creare un Facebook o peggio un anti-Facebook, bensì una «rete sociale o una rete di reti». Su Diaspora gli utenti posseggono i propri dati. Sono liberi di prendere un nome di fantasia e di esprimere liberamente le proprie opinioni. Hanno in sostanza il pieno e continuo controllo dei propri dati. I contenuti si possono portare su un server di proprietà dell'utente. Scaricare e caricare a ogni sessione. Inoltre, la piattaforma può migliorare grazie al contributo della rete in una logica come già detto open source.


domenica 6 novembre 2011

Anche l'e-commerce diventa social

Arriva il social commerce e sta diventando un'opportunità per far crescere le opportunità di business aziende, anche italiane. Da Il Sole 24 Ore.



Aprire un negozio su Facebook e curare qui i rapporti con i propri clienti: è il social commerce e sta diventando un'opportunità più matura per le aziende, anche italiane. I segnali più importanti vengono dall'estero, ovviamente: pochi giorni fa eBay e Facebook hanno stretto un accordo, per unire le forze nel sostenere lo sviluppo del social commerce. Integreranno i propri strumenti. Nasceranno così applicazioni che permetteranno ai negozianti di aggiungere tocchi di socialità agli acquisti. I clienti potranno condividere meglio, tra loro, quali sono i prodotti che comprano, che desiderano o che consigliano. Così, Forrester Research stima che il social commerce crescerà dai 5 miliardi di dollari di fine 2011 ai 30 miliardi nel 2015, nel mondo (+56% annuo). «Anche in Italia il social commerce cresce ma è un mercato ancora così piccolo che non è misurabile», dice Roberto Liscia, presidente di Netcomm.
Tuttavia anche da noi si sviluppano gli strumenti per integrare Facebook con l'ecommerce. La startup bolognese Freshcreator ha lanciato un'applicazione con cui alberghi e agriturismi possono integrare, sulla pagina Facebook, un sistema per prenotare le camere. Un'altra startup italiana, Blomming, consente di mettere su Facebook il carrello degli acquisti e il negozio online. Sono servizi pensati per Pmi prive di competenze tecniche: basta un clic per mettere questi strumenti su Facebook. I social network non sono solo un altro canale di vendita. Basta vedere l'applicazione Facebook commerce più diffusa al mondo: della californiana Payvment, gratuita e adottata da 120mila negozianti. Permette non solo di caricare prodotti ma anche di promuoverli con gli strumenti social, di interagire con i clienti, di studiarne le abitudini di acquisto.

sabato 5 novembre 2011

Amazon diventa biblioteca

Si parte con 5000 ebook in prestito e a a pagamento. Da Il Corriere della Sera.


Amazon varca un' altra frontiera. Non gli bastava essere la più grande libreria del mondo nè un temibile editore. Dopo aver fatto il suo esordio in 11mila biblioteche degli Stati Uniti, dove da settembre è possibile prendere in prestito volumi anche attraverso il suo eReader, ora il colosso di Seattle si trasforma in biblioteca. Ieri ha inaugurato il Kindle Owner Lending Library, un servizio riservato a chi possiede un lettore Kindle, che permette di prendere a prestito ebook. Per ora ci sono delle limitazioni: innanzitutto il catalogo è di circa cinquemila titoli, tra cui cento bestseller della classifica del «New York Times» e molti ebook editi dalla stessa Amazon (ma il Kindle Store ne conta più di un milione). I lettori potranno prendere a prestito solo un libro alla volta e solo uno al mese (troppo poco per un lettore forte) che potrà essere tenuto per un tempo illimitato ma che scade automaticamente quando se ne prende un altro. L' offerta fa parte del servizio Prime che, per 79 dollari l' anno, permette anche di vedere circa tredicimila tra film e programmi tv in streaming e accompagna il lancio del nuovo Kindle Fire (disponibile dal 15 novembre). Infatti non si può accedere da pc, altri tablet, iPhone, nemmeno da quelli che hanno scaricato l' applicazione Kindle. Che Amazon possa diventare una biblioteca virtuale non sembra preoccupare i bibliotecari tradizionali: il «Wall Street Journal» riporta che il sistema bibliotecario di Seattle ha registrato un aumento dei prestiti del 32% nel mese successivo al lancio del servizio che rende possibile prendere in prestito gli ebook in biblioteca. Diversa la reazione degli editori, nonostante i toni ottimistici del vicepresidente Russ Grandinetti: «Ci aspettiamo tre risultati immediati: gli utenti Kindle leggeranno ancora di più, i guadagni per gli editori aumenteranno, così come le royalties degli autori».

venerdì 4 novembre 2011

Twitter monitora anche l'influenza

Epidemie di influenza controllate grazia a Twitter. Arriva il "nowcasting" per i social network. Da Il Sole 24 Ore.


Tracciare la diffusione dell'influenza in tempo reale attraverso i messaggi degli utenti dei social network: uno studio dell'università di Bristol mostra che twitter aiuta a monitorare l'evoluzione di eventi sul territorio. Si tratta di un passo verso il "nowcasting", una parola che unisce "forecasting" ("previsioni", in inglese) e "now" (significa "adesso"): il traguardo è di capire se le segnalazioni di chi partecipa alle reti sociali online siano utilizzabili per stime accurate di ciò che sta accadendo in aree geografiche delimitate.

I ricercatori dell'ateneo inglese hanno archiviato cinquanta milioni di "tweet" inviati in Gran Bretagna. Dove gli utenti di twitter scrivono, per esempio, se hanno un raffreddore oppure qual è il loro umore, anche attraverso le emoticon come " :-) ", per indicare uno stato di felicità con segni grafici che simulano un sorriso. Gli autori dello studio, Nello Cristianini e Vasileios Lampos, hanno confrontato le informazioni con le statistiche della salute pubblicate nel Regno Unito che rilevano i casi di influenza. E hanno scoperto che twitter è utilizzabile per osservare l'evoluzione di un evento, le sue dimensioni e il suo momento d'inizio. Può diventare, quindi, un indicatore che contribuisce a elaborare previsioni, come evidenzia il loro progetto su internet, Geopatterns. È un risultato che conferma le conclusioni di un altro recente paper della Johns Hopkins University su due miliardi di tweets.


Internet Explorer scende sotto il 50%

I dati di Netmarketshare.com: Chrome e Safari, maggioramente utilizzati nei dispositivi portatili, sottraggono utenti al navigatore Microsoft, che per la prima volta da dieci anni non vale più della metà della torta dei software di navigazione. Da La Repubblica.


Lo scettro è ancora saldamente in mano, ma la soglia psicologica fa comunque paura. Dopo dieci anni di dominio incontrastato Internet Explorer non è più utilizzato dalla maggioranza assoluta degli utenti. La somma di tutti gli altri browser in circolazione, considerata la navigazione via pc e smartphone e tablet, supera per la prima volta in termini percentuali il software di casa Microsoft. A rilevarlo sono i dati rilevati ad ottobre da Netmarketshare.com 1, secondo cui Explorer oggi è utilizzato dal 49,59% degli utenti, contro il 21,2% di Firefox, il 16,6% di Chrome e l'8,72% di Safari.

Effetto mobile. Un sorpasso che si deve soprattutto ai nuovo equilibri del traffico dai dispositivi mobili, che utilizzano prevalentemente Chrome di Google e Safari di Apple. Il browser della casa di Cupertino, utilizzato su iPad e iPhone, considerato il solo traffico mobile, guida infatti la classifica con il 62% degli utenti, seguito dal 18,6% dal programma di Mountain View. Dato importante, quello della mela, visto che il software cresce più della vendita degli iPhone: a fare da traino è soprattutto il traffico che arriva dagli iPad, in rapido aumento.

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Google lancia Offers per fare concorrenza a Groupon

Il colosso di Mountain View debutta su terreno dei coupon virtuali per aver prezzi migliori e compete direttamente con la compagnia di Chicago. Decisione in controtendenza rispetto a Facebook, che aveva chiuso il suo Deals. Da La Repubblica.


Google punta a uno dei mercati più fertili del web e lancia oggi il primo servizio di sconti online, Google Offers, un'offerta che fa direttamente concorrenza a Groupon proprio nel giorno in cui il sito di sconti online si prepara alla quotazione in Borsa, prevista per domani. Le offerte di sconti saranno disponibili inizialmente in 15 città degli Stati Uniti, ha reso noto Google. Il modello dell'offerta è lo stesso di Groupon: l'utente clicca su un coupon virtuale che può essere impiegato in un negozio fisico per ottenere uno sconto.

Google sta cercando di sfruttare la presenza nel settore della pubblicità online, dove domina il mercato americano, per espandersi nel settore degli sconti via internet grazie ad accordi con gli inserzionisti. Gli utenti avranno la possibilità, secondo Google, di personalizzare il tipo di sconti che viene offerto rispondendo a un quiz. L'espansione negli sconti va in controtendenza rispetto a quanto deciso da Facebook (che aveva prima lanciato e poi cancellato Facebook Deals 1) e di Yelp, sito di recensioni di negozi ed esercizi commerciali scritte dagli utenti.

giovedì 3 novembre 2011

Ubuntu all'assalto di smartphone e tablet

Nel 2014 arriverà la versione del sistema operativo basato su Linux anche per i tablet, gli smartphone e le connect-tv. Il concorrente principale sarà Android, ma anche iOs potrebbe risentire del nuovo arrivato. Da La Repubblica.


L'annuncio e la data completa ancora non ci sono, l'anno sì: nel 2014, probabilmente in aprile, Ubuntu arriverà sugli smartphone, sui tablet e sulle connected-Tv. Mark Shuttleworth, fondatore di Canonical, il nome dietro Ubuntu, ha anticipato in un'intervista che il sempre più popolare sistema operativo gratuito basato su Linux è pronto per il salto dai desktop/laptop ai dispositivi post-pc. Lo scontro diretto sarà con Android, la piattaforma di Google.

Shuttleworth ha sempre parlato di Ubuntu come un "Linux per gli esseri umani". Utenti non tecnici, abituati ad ambienti fatti di finestre, frecce e oggetti da cliccare. Nel mondo sono già oltre 20 milioni, con il sistema operativo giunto alla versione 11.10, con un'interfaccia ormai molto raffinata e perfettamente utilizzabile anche da chi non si è mai spostato da Windows Xp. E la versione post-pc riprenderà certamente l'estetica di "Unity", l'interfaccia grafica dell'ultima versione di Ubuntu, impostata come un ambiente moderno e touch, molto lontana dal "vecchio" Linux.

mercoledì 2 novembre 2011

Google Lancia Cento Canali su YouTube

Proliferazione all' infinito dei canali, palinsesti personalizzati, modalità del tutto inedite di fruizione e consumo. Tutte la novità da Il Corriere della Sera.



Nata nel 2005, e acquistata poco più di un anno dopo da Google per la cifra record di 1,65 miliardi di dollari, YouTube è stata a lungo dipinta come l' annuncio dell' imminente, inevitabile fine della tv tradizionale, destinata a venire detronizzata da Internet nel momento in cui le tecnologie (larghezza di banda e portabilità dei video online sul grande schermo) avessero consentito a chiunque di assemblare il proprio personale palinsesto. Ma, proprio nel momento in cui stiamo per tagliare questo traguardo, si apprende (la notizia è di ieri) che il più noto e frequentato social network per la condivisione di video autoprodotti (creati cioè dagli stessi utenti del sito) si candida piuttosto ad assumere il ruolo di salvatore di un medium televisivo pronto a rinnovarsi per durare indefinitamente. Dal prossimo anno gli utenti di YouTube potranno infatti accedere a cento (ma, se la cosa funziona, in futuro potrebbero essere molti di più) canali per la diffusioni di contenuti professionali. Ce ne sarà per tutti i gusti: musica (arruolata, fra le altre star, Madonna), news (coinvolti la Reuters e il Wall Street Journal ), moda (accordi con Cosmopolitan e Marie Claire ), film (disponibili alcune major di Hollywood) e ancora talk show , commedie, sport e tanto altro. Il modello di business ? Classicissimo: i contenuti saranno gratuiti e i soldi arriveranno dalla pubblicità (da spartire con i fornitori di contenuti). Rivoluzione o restaurazione?

Per la supremazia del software saranno le app a fare la differenza

Ecco una rapida panoramica dello state dell'arte dei cinque sistemi operativi che si giocano il primato dei dispositivi mobili. Da Il Sole 24 Ore.

Android, Apple iOS, BlackBerry OS, Windows Phone e Symbian. È questa la componente che determina l'appartenenza di un modello alla categoria "smart" o a quella tradizionale. Android guida la classifica, seguito da Symbian, iOS, BlackBerry e poi arriva la piattaforma di Microsoft. Windows Phone ha oggi un market share intorno al 2 per cento ma è quello che può crescere e raddoppiare la sua penetrazione già nei prossimi due anni. Inoltre, può vantare una serie di funzioni invidiabile perché la nuova release Mango (al secolo 7.5) introduce numerosi aggiornamenti. Il tutto va a sommarsi alle già ottime doti: un'interfaccia tra le più belle disponibili, con i Live Tile (i rettangoli interattivi) animati che si adeguano all'uso e un eccellente reparto Contatti che integra in modo "educato" tutti i recapiti (telefoni, chat, e-mail e social network). Windows Phone Mango offre Office per convincere le aziende, dove è sarà apprezzato anche BlackBerry OS 7, l'altra novità nel panorama degli smartphone che ha debuttato in Italia sul Bold 9900 e arriverà anche sui nuovi Curve. Presenta menu ridisegnati e numerosi interventi per garantire prestazioni migliori, anche in virtù dell'hardware che finalmente ospita processori a oltre 1 GHz. Nell'utilizzo risulta più appagante delle vecchie generazioni OS 6 e 5, perché offre tutte le funzioni di push email e di sicurezza tipiche, ma in più ha prestazioni superiori e le opzioni sono state sapientemente riorganizzate. OS 7 fa da ponte a Bbx, la prossima generazione di Os derivata da Qnx che unirà tra loro smartphone e tablet. Un'operazione di unificazione che Google ha già effettuato varando Android 4.0, conosciuto anche con il nome in codice di Ice Cream Sandwich, per ora disponibile solo sul Samsung Galaxy Next. La 4.0 ha un'interfaccia ridisegnata che prende spunto da quella delle tavolette multimediali, quindi non prevede tasti fisici. Quanto a Apple, iOS è unico per iPhone, iPod touch e iPad, a eccezione dell'ottimizzazione delle app per il display, e quindi è tenuto come riferimento per numerose funzioni peculiari, tra cui quelle legate all'editoria in digitale.

Google e Apple ora duellano sulla TV del futuro

Google Tv vara la seconda generazione, Apple scommette sui comandi vocali. Da Il Sole 24 Ore.

Film. Documentari. Concerti. Show. Google Tv rilancia la sua piattaforma software interattiva (finora non un grande successo, per usare un eufemismo) dedicata alla televisione. Che diventa una porta di accesso per scoprire i video su Youtube, Netflix, Amazon e altri archivi online. In questo modo punta sulla "coda lunga": è l'insieme di tanti canali accessibili attraverso il collegamento a internet che uniscono produzioni professionali e amatoriali, generaliste e di nicchia. Gli spettatori possono partecipare anche attraverso le applicazioni software, come già accade su cellulari e tablet.

Procede a piccoli passi. Finora è utilizzabile da televisioni Sony e attraverso un dispositivo di Logitech da collegare a internet che, però, non ha avuto successo sul mercato degli Stati Uniti e il prezzo è stato dimezzato a cento dollari. Può contare sul sistema operativo Android 3.1, più veloce rispetto al precedente. Google ha accelerato negli ultimi mesi: in estate ha acquistato Motorola, tra i principali produttori mondiali di "set top box" per tv. E di recente ha annunciato cento canali video originali con YouTube.

lunedì 31 ottobre 2011

Google porta le app in salotto

Arriva la versione 2.0 per la piattaforma di "connected television" di Big G, che punta su Android 3.1, una nuova interfaccia e applicazioni da scaricare. Mountain View sfida così Samsung e a breve anche Apple, in uno scenario non dissimile da quello degli smartphone. Ma in Italia l'arrivo è ancora lontano. Da La Repubblica.


La prima generazione del progetto tv non era andata granché bene, nonostante le potenzialità e il nome altisonante di Google. Interfaccia complicata e problemi con i fornitori di contenuti ed ecco che la piattaforma tv di Mountain View si arena a pochi mesi dal lancio. Ma stavolta sarà un'altra storia, dicono a Google sul blog del progetto televisivo 1. E la svolta si riassume in alcune parole chiave: semplicità, velocità e soprattutto 'app'.

Google Tv 2.0. Il nuovo passaggio evolutivo della televisione secondo Google passa necessariamente dalle applicazioni. Ormai le tv non sono più solo schermi 2, per quanto sottili e sofisticati. Dentro hanno tecnologie di alto livello e connettività, con funzionalità ormai analoghe a quelle degli smartphone e dei tablet.

Così, la Google tv 2.0 punta su Android 3.1 (Honeycomb) e sulle app, attraverso l'apertura di un'area dedicata sull'Android Market 3. Gli sviluppatori potranno così realizzare prodotti dedicati all'ecosistema della tv, per sfruttare al meglio le caratteristiche degli schermi Hd e delle interfacce disponibili. Sono già 50 gli sviluppatori che hanno contribuito alla sezione tv, e a Google dicono di "non vedere l'ora" che l'offerta cresca.

I partner hardware sono gli stessi della prima generazione, Sony e Logitech. La prima con delle tv appositamente realizzate, la seconda con un dispositivo simil-decoder da usare con qualunque apparecchio.

domenica 30 ottobre 2011

A cosa servono i tablet?

Uno studio condotto in USA ha svelato che il tablet viene utilizzato per la navigazione web, la gestione delle email e, in maniera massiccia, per la lettura delle notizie. Da NOTEBOOK Italia.


Non è un mistero che le vendite dei tablet stanno registrando sempre nuovi massimi. L’avvento delle tavolette digitali che, per certi versi ha messo in difficoltà il settore dei netbook, sembra non essere affatto un fenomeno transitorio e temporaneo. Chiarito questo aspetto, potrebbe essere interessante comprendere anche come i tablet vengano utilizzati più di frequente. Qualche giorno fa, uno studio USA ha evidenziato che gli utenti utilizzano il tablet prevalentemente davanti alla televisione.

Oggi arrivano i risultati di una seconda indagine condotta negli Stati Uniti che dimostra come l’uso dei tablet favorisca la lettura delle notizie, molto più, ad esempio, di quanto non accada utilizzando un comune sistema desktop. A pensarci bene, la notizia non stupisce più di tanto considerando che, negli Stati Uniti, leggere un quotidiano online o abbonarsi alla sua versione digitale, è una consuetudine piuttosto radicata. Qui, in Italia, probabilmente il discorso è diverso.

Non è un caso se i maggiori magazine e testate americane non solo offrano le proprie versioni digitali, ma propongano anche particolari sconti ed incentivi per chi acquista un tablet sul quale è possibile leggere qualunque notizia pubblicata. Lo studio ha preso come riferimento un campione di 1.159 utenti di tablet in un periodo compreso tra l’estate e l’autunno. L’indagine ha rivelato che l’11% degli americani possiede un tablet e che il 77% lo usa ogni giorno, in media per circa 95 minuti. Il dato importante riguarda il 53% degli utenti che legge notizie sul tablet (si tratta della terza attività più popolare, dopo la navigazione web e l’invio/ricezione di email). Come vi avevamo anticipato, emerge che la maggior parte degli utenti legge molte più notizie da quando possiede un tablet.

Creatività e design per vivere bene in 25 metri quadrati

Tra realtà e illusioni: salotti dentro un letto, colori chiari, fondali dipinti, ambienti metropolitani. Da Il Corriere della Sera.


Un tavolino che è anche un ventilatore. Una poltrona che nasconde un trolley, al cui interno c' è un letto d' emergenza. Un pouf che diventa aspirapolvere. Ecco il nuovo design mutante progettato da Lorenzo Damiani, un po' designer, un po' inventore per Campeggi. «I miei oggetti nascono dall' osservare i bisogni di casa mia, vivere in uno spazio ridotto aguzza l' ingegno. Nasce la necessità di sopperire alla mancanza di un ripostiglio, di un sottoscala, dove nascondere alla vista elettrodomestici e valigie». Un arredo che si trasforma, che assolve più funzioni, che fa risparmiare spazio. Oggetti camaleontici che cambiano assecondando i bisogni. È questa da sempre la filosofia aziendale di Campeggi. «Mio padre - racconta Claudio Campeggi -, fondò l' azienda negli anni 50, cercando subito di impostare una ricerca per risolvere il problema di spazio che già allora si presentava grave, nelle grandi città del nord, con le ondate migratorie dal sud e la penuria di alloggi. Da allora cinquant' anni di ricerca, premiati quest' anno dal Compasso d' Oro con la Menzione d' Onore per la Ricerca d' Impresa. Un prodotto che riassume i vari percorsi progettuali è On Off Suite di Giulio Manzoni. «È una proposta estrema che riesce però a risolvere in maniera ironica e intelligente lo spazio». Come un contenitore magico, da un letto che si apre nasce una suite. Un tappeto di feltro definisce le misure dello spazio dove sperimentare varie soluzioni. Sollevato il letto ecco comparire un divano che nasconde un tavolo e le poltrone, che contengono le sedie. Completa la suite un fondale dipinto con una cucina immaginaria. Perfetto per monolocali o mini spazi. Sensibili all' argomento spazio, anche i progettisti di Ikea, «L' 80% dei nostri clienti - afferma Lars Petterson, amministratore delegato Italia - vive in città. La maggior parte in appartamenti, con spazi domestici limitati o mal utilizzati». Sarà per questo che alla festa d' inaugurazione dell' ampliamento della sede di Carugate, nel cuore della Brianza mobiliera, sono state presentate proposte di arredo smart dai 18 mq in su. Belle, funzionali, economicamente accessibili ma soprattutto che facilitano la vita anche a chi vive in pochi metri quadrati. Idee progettuali facili, per scoprire e usare spazi nascosti, mobili multifunzionali che moltiplicano lo spazio. Creatività e qualche piccola grande idea.

venerdì 28 ottobre 2011

Economia digitale, 320 mila posti di lavoro in 15 anni

Secondo uno studio DAG-MC KINSEY: le aziende che hanno maggiormente scommesso sulla leva IT viaggiano a una crescita media annua del 10%. Da Il Corriere della Sera.



Nella lettera di intenti del governo all'Unione Europea per rispettare le direttive comunitarie in termini di stabilizzazione economico-finanziaria non c'è neanche un accenno. E i propositi fissati dall'Agenda Digitale – una road map di interventi fissata da Bruxelles in ottica di una completa informatizzazione dei processi produttivi e amministrativi degli stati membri – sembrano non essere stati presi in considerazione. Certo, le urgenze sono altre. Eppure nell'Italia fanalino di coda europeo per la sua bassa crescita sviluppare al meglio l'economia digitale dovrebbe essere tra le priorità per innescare quel ciclo virtuoso tra investimenti in infrastrutture di rete e ritorno in termini di produttività complessiva alla base delle economie avanzate.

IL RAPPORTO – Ecco perché lo studio redatto da Dag (Digital Advisory Group) – un'associazione composta da 30 grandi aziende tra cui Telecom, Mc Kinsey, Google Italia, Microsoft, Cisco Systems e con la collaborazione del Politecnico di Torino e la Bocconi di Milano – rischia di tradursi in un campionario di cifre e di occasioni mancate per il Belpaese. Subito due dati: l'avvento di Internet in Italia ha creato circa 320mila posti di lavoro in poco più di 15 anni (con un tasso di sostituzione di 1,8 a 1, inteso per uno il posto di lavoro perso a causa del progressivo passaggio alla società dei servizi). E l'economia digitale incide per il 2% sul prodotto interno lordo (con un aumento del 14% in rapporto al Pil negli ultimi quattro anni, quando invece la crescita del paese è stata sostanzialmente ferma). In soldoni solo nel 2010 il contributo diretto di Internet al pil italiano ammonta alla cifra monstre di 30 miliardi di euro, più ulteriori 20 miliardi legati all'indotto. Come dire: quasi il montante complessivo delle due manovre correttive dei conti pubblici varate tra luglio e agosto per rispondere alle tensioni sul debito.

I CONSUMI – Senza considerare l'effetto leva sui consumi che gli esperti traducono nell'acronimo Ropo (“Research Online, Purchase Offline”: cerca online, acquista offline). Due esempi: scrive la ricerca Dag che il 46% dei contratti conclusi dalle agenzie immobiliari nel 2010 è stato supportato dal canale web per un controvalore di 26 miliardi di euro. E circa il 10% dei mutui erogati dalla banche ha avuto la compartecipazione del web, perché molti si sono orientati così nella scelta dell'istituto di credito più vantaggioso in rapporto ai tassi d'interesse richiesti.

giovedì 27 ottobre 2011

I tablet superano i netbook e conquistano l'ufficio

Il mercato delle tavolette cresce a tre cifre (+347%) e 9 aziende su 10 le adotteranno insieme ai telefonini. Il successo dei tablet deriva dalll'elevata portabilità con una buona capacità di visualizzazione e potenza di calcolo, ma soprattutto dall'essere sempre always on, sempre disponibili e con tempi di accensione pressoché istantanei. Da Wired.it


Dopo lo smartphone, nel mercato business fanno il loro ingresso i New Tablet, definizione che racchiude le tavolette di nuova generazione come l'iPad, il Galaxy Tab o il Motorola Xoom e li distingue dai portatili con funzione touch screen che non hanno mai avuto successo.

Nonostante il ICT italiano segni l'1,7% in meno nel primo semestre del 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, i nuovi device crescono del 347% nella prima metà di quest’anno. Una crescita imponente, che rispecchia come nove aziende su dieci stanno affiancando all'iPhone o al BlackBerry la tavoletta magica.

Un trend che non deve stupire visto che rispecchia l'attuale mercato dei device portatili. Secondo comScore, s martphone e tablet oggi raggiungono quasi il 5% del traffico digitale complessivo di Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito, e continuano a crescere a discapito del classico computer. I bit insomma hanno preso un'altra strada.

Come emerge da una ricerca dell' Osservatorio New Tablet & Business Application del Politecnico di Milano, quasi 3 CIO ( Chief Information Officer, i manager che gestiscono l'ICT nelle imprese) italiani su 4 hanno già introdotto o stanno introducendo i dispositivi nella propria organizzazione: il 47% li ha già adottati e il 27% lo farà nel futuro. I dirigenti invece li hanno già (55%) o li avranno in futuro (38%) mentre il personale addetto alle vendite è più indietro: solo il 17% già li usa mentre il 74% li riceverà nel prossimo futuro.

mercoledì 26 ottobre 2011

L'Android Market supera l'App Store (per numero di download)

Google ha un approccio più leggero verso gli sviluppatori che caricano nel Market demo o versioni di testing e incomplete dei programmi (spesso non sono ultimati e, quindi, vengono cancellati) mentre a Cupertino permangono criteri più rigidi nella selezione delle apps, di cui sono per esempio bandite le versioni multiple di prova. Da Il Sole 24 Ore.



Se il predominio negli smartphone passa attraverso la disponibilità (e la qualità) delle applicazioni è indubbio che Google sia oggi nella condizione di poter alzare la voce al cospetto di Apple. La forza dell'ecosistema di Cupertino (apps, iPhone, esperienza d'uso) non è in discussione ma la crescita registrata da Android, anche sotto il profilo della capacità di attrarre sviluppatori e utenti, è evidente.

E lo dicono i numeri. Stando per esempio ai dati resi noti da Abi Research, nel corso del secondo trimestre il negozio virtuale di Mountain View ha superato per numero di download effettuati l'App Store della Mela: il 44% di tutti i programmi scaricati dagli utenti sui propri telefonini da aprile a giugno è attribuibile infatti all'Android Market, contro il 31% raggiunto dallo store della Mela. Il restante 25% delle apps è stato quindi "pescato" dai negozi delle varie Amazon, Nokia, Microsoft e Research in Motion. Il forte incremento delle vendite di smartphone androidi ha naturalmente contribuito al "clamoroso" sorpasso ma a confortare i vertici di Cupertino c'è il dato che riguarda il numero di download effettuati da ogni utente, visto e considerato che ad ogni dispositivo iOs venduto corrispondono circa 2,4 prodotti basati su Android (ed entro il 2016, stando alle previsioni, tale rapporto sarà di 3:1).


Chi guida il mercato dei Tablet?

Android vale un quarto del mercato tablet, ma l'iPad domina incontrastata, anche nelle aziende. Da Il Sole 24 Ore.



Il sistema operativo mobile di Google cresce, quello di Apple perde leggermente terreno: la rivalità fra i due giganti hi-tech californiani nei tablet si potrebbe, dati di market share relativi al terzo trimestre alla mano, sintetizzare superficialmente così.

Più nel dettaglio, i dati sono quelli resi noti nelle scorse ore da Strategy Analitics, Android vanterebbe oggi una quota di venduto su scala globale pari al 27% (per un totale di 4,5 milioni di unità) con un incremento del 2,3% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno mentre l'iPad della Mela si assesterebbe oggi al 67% (in virtù degli 11,1 milioni di pezzi venduti dalla casa di Cupertino) rispetto al 96% di share esibita lo scorso ottobre.


Quello che è in bilico, secondo Strategy Analytics, è invece il futuro predominio di Samsung nell'ambito dell'universo Android: l'ingresso in scena di Amazon con il suo Kindle Fire (in vendita a 199 dollari) potrebbe infatti cambiare i rapporti di forza oggi consolidati e premiare il gigante dell'e-commerce se questo riuscirà come previsto dagli analisti 15 milioni di unità entro il 2013.

Dagli analisti sono quindi arrivate due conferme: i Galaxy Tab di Samsung, accreditati di una quota complessiva di mercato del 9%, sono di gran lunga i tablet Android più venduti mentre la tavoletta di Apple monopolizza o quasi la domanda dell'utenza aziendale. A rompere nel 2012 gli equilibri (per altro ampiamente preventivati) di questo settore, ed a favore della piattaforma di Google, potrebbe essere l'avvento di Android 4.0 "Ice Cream Sandwich", che potrebbe convincere numerosi utenti a preferire i dispositivi e le apps del mondo androide sfruttando la propria natura di piattaforma universale per tablet e smartphone.

Facebook, ecco la mappa mondiale

Ogni 20 minuti 1.484.000 eventi vengono condivisi, 2.716.000 di foto uploadate, 1.323.000 di immagini taggate, 1.851.000 status aggiornati, 1.972.000 richieste di amicizia sono accettate. Da l'Espresso.


Diamo i numeri. Parliamo di Facebook con il pallottoliere (se bastasse) alla mano. Ogni 20 minuti 1.484.000 eventi vengono condivisi, 2.716.000 di foto caricate, 1.323.000 di immagini taggate, 1.851.000 status aggiornati, 1.972.000 richieste di amicizia sono accettate. E, sempre nel tempo di un aperitivo, 2.716.000 messaggi vengono inviati mentre 10,2 milioni di commenti sono pubblicati assieme ad 1.587.000 di post in bacheca.

Provate a moltiplicare queste cifre per un'ora. Per un giorno. Per mesi. Per anni. Per spiegare questa mole di bite-information basti pensare alla "dedizione" che ognuno di noi (chi più chi meno) dedica alla creatura di Zuckerberg: quando si sveglia, il 48 per cento degli utenti tra i 18 ei 34 anni di età per prima cosa controlla il proprio account Facebook, e per il resto della giornata non se ne tiene alla larga considerato che mediamente tutti noi passiamo oltre 700 miliardi di minuti al mese a scorazzare tra 900 milioni fra pagine, gruppi ed eventi e i 30 miliardi (al mese) di link a notizie, blog, album fotografici, video e simili; il tutto con un unico diktat: "socializzare".

Ma i numeri della piattaforma sono da capogiro anche quando fotografano la sua diffusione. Con i suoi oltre 650 milioni di utenti attivi a conti fatti un terrestre su 13 è presente su Facebook. Negli USA la diffusione è quasi totalitaria, per dirla in cifre: 155 milioni di iscritti tra gli Internet user. Cifra che permette all'America di occupare una fetta pari al 23,6 per cento della torta degli utenti mondiali. Ma se lasciamo i confini a stelle e strisce troviamo il restante 70 per cento degli utilizzatori del che si incontrano nel "condominio virtuale" scrivendosi nelle 70 lingue diverse in cui è tradotto.

martedì 25 ottobre 2011

Il confronto passa sul web


Negli Stati Uniti i blog di singoli economisti, molto spesso accademici, incidono sulla visibilità dei risultati scientifici, sulla reputazione degli autori e della loro università e sulle opinioni dei lettori. In Italia, invece, per l'informazione economica abbiamo quasi esclusivamente blog collettivi. Perché? Tre le ipotesi: una minor cultura economica del paese; un maggior grado di concentrazione proprietaria dei media, che lascia meno spazio alle iniziative individuali; una minor propensione al rischio dei nostri intellettuali. Da La Voce.info



Perché molti economisti accademici, soprattutto negli Stati Uniti, dedicano tempo e fatica a gestire un blog? Si pensi ad esempio, a Steve Levitt di Freakonomics, Paul Krugman, Brad De Long, Greg Mankiw, Dani Rodrik, Becker e Posner, Mark Thoma, John Taylor. Forse i professori, a una certa età, sono stufi dei lunghissimi tempi necessari a pubblicare sulle riviste scientifiche? O ambiscono semplicemente a ottenere maggior visibilità, per sé e per i propri lavori scientifici? Lo fanno per spirito civico, per sostenere le proprie idee, per generare un dibattito e avere i feedback dei lettori? E perché da noi questo, con rare eccezioni, non accade?


Un recente lavoro della Banca Mondiale risponde ad alcuni dei precedenti interrogativi. Gli autori, David McKenzie e Berk Ozler, sottopongono a verifica empiricaalcune interessanti ipotesi: ad esempio che a) i link di otto tra i più importanti blog americani alle pubblicazioni scientifiche/working papers citati ne accrescano in modo significativo la diffusione (la frequenza di download e visione di abstract); b) che i blog di economia accrescano la visibilità/reputazione degli autori rispetto a colleghi di pari livello scientifico; c) che i blog influenzino l'interesse e le opinioni dei lettori riguardo ai temi trattati.