A chi serve un altro store musicale digitale, in un panorama dominato da iTunes eSpotify? Apparentemente a nessuno. Apparentemente. Perché se a lanciare lo store è Google... Google Music, con la presentazione di ieri sera, è uscito dalla beta e ha definito la sua offerta e il suo target. Un servizio che serve soprattutto a Google stessa e agli utenti Android, che non sono certo pochi.
Google Music colma un vuoto, enorme, in un’offerta di servizi così varia come quella del colosso californiano. Un vuoto tanto più grande se si pensa il ruolo di traino che la musica ha avuto nell’innovazione digitale. Perché questo ha voluto fare Google con Music: completare il proprioecosistema. Anche perché, secondo gli ultimi dati della Ifpi, il mercato digitale è cresciuto nel 2010 del 6 per cento, con ricavi per 42 miliardi di dollari - un aumento del 1000 per cento, se si considerano gli ultimi 6 anni. Chi ha un account Google (chi non ce l’ha?) potrà usarlo per mettere la propria musica sulla nuvola, ascoltarla da remoto, scoprirne di nuova, comprarla, condividerla. Più o meno le stesse cose che offre l’ecosistema musicale Apple, condivisione a parte - che è notoriamente il tallone di Achille di iTunes. Però gli utenti Android non possono e non potranno accedere ad iTunes Match e i loro telefoni non possono dialogare con iTunes. Ma con la nuova applicazione mobile, che completa il servizio, il sistema musicale di Google sarà autosufficiente e perfettamente integrato.