venerdì 28 ottobre 2011

Economia digitale, 320 mila posti di lavoro in 15 anni

Secondo uno studio DAG-MC KINSEY: le aziende che hanno maggiormente scommesso sulla leva IT viaggiano a una crescita media annua del 10%. Da Il Corriere della Sera.



Nella lettera di intenti del governo all'Unione Europea per rispettare le direttive comunitarie in termini di stabilizzazione economico-finanziaria non c'è neanche un accenno. E i propositi fissati dall'Agenda Digitale – una road map di interventi fissata da Bruxelles in ottica di una completa informatizzazione dei processi produttivi e amministrativi degli stati membri – sembrano non essere stati presi in considerazione. Certo, le urgenze sono altre. Eppure nell'Italia fanalino di coda europeo per la sua bassa crescita sviluppare al meglio l'economia digitale dovrebbe essere tra le priorità per innescare quel ciclo virtuoso tra investimenti in infrastrutture di rete e ritorno in termini di produttività complessiva alla base delle economie avanzate.

IL RAPPORTO – Ecco perché lo studio redatto da Dag (Digital Advisory Group) – un'associazione composta da 30 grandi aziende tra cui Telecom, Mc Kinsey, Google Italia, Microsoft, Cisco Systems e con la collaborazione del Politecnico di Torino e la Bocconi di Milano – rischia di tradursi in un campionario di cifre e di occasioni mancate per il Belpaese. Subito due dati: l'avvento di Internet in Italia ha creato circa 320mila posti di lavoro in poco più di 15 anni (con un tasso di sostituzione di 1,8 a 1, inteso per uno il posto di lavoro perso a causa del progressivo passaggio alla società dei servizi). E l'economia digitale incide per il 2% sul prodotto interno lordo (con un aumento del 14% in rapporto al Pil negli ultimi quattro anni, quando invece la crescita del paese è stata sostanzialmente ferma). In soldoni solo nel 2010 il contributo diretto di Internet al pil italiano ammonta alla cifra monstre di 30 miliardi di euro, più ulteriori 20 miliardi legati all'indotto. Come dire: quasi il montante complessivo delle due manovre correttive dei conti pubblici varate tra luglio e agosto per rispondere alle tensioni sul debito.

I CONSUMI – Senza considerare l'effetto leva sui consumi che gli esperti traducono nell'acronimo Ropo (“Research Online, Purchase Offline”: cerca online, acquista offline). Due esempi: scrive la ricerca Dag che il 46% dei contratti conclusi dalle agenzie immobiliari nel 2010 è stato supportato dal canale web per un controvalore di 26 miliardi di euro. E circa il 10% dei mutui erogati dalla banche ha avuto la compartecipazione del web, perché molti si sono orientati così nella scelta dell'istituto di credito più vantaggioso in rapporto ai tassi d'interesse richiesti.

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