Secondo il sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere, la ricerca di figure professionali da parte delle imprese è difficile per i meccanici, gli elettrotecnici e gli specialisti in aeronautica. Tra i laureati, i chimici sono "latitanti" al 27% dei colloqui di selezione, percentuale che sale al 32% per gli ingegneri civili e al 42% per quelli elettronici. Da Il Sole 24 Ore.
I giovani non trovano lavoro, le imprese faticano a rintracciare profili in linea con le proprie esigenze. Il mismatch sul mercato non si attenua: da un lato, il tasso di disoccupazione under 25 sfiora il 28%; dall'altro, all'appello delle aziende non risponde un quarto dei tecnici specializzati. Secondo il sistema informativo Excelsior di Unioncamere la ricerca è particolarmente ardua per i meccanici (nel 28% delle assunzioni), gli elettrotecnici (nel 26% dei casi) e gli specialisti in aeronautica (30% di introvabili). Tra i laureati, i chimici sono "latitanti" al 27% dei colloqui di selezione, percentuale che sale al 32% per gli ingegneri civili e al 42% per quelli elettronici (si veda la tabella a lato). Tutti profili tecnici, sempre più rari e al tempo stesso preziosi per le imprese, che in generale segnalano per quest'anno oltre 100mila assunzioni di difficile reperimento.
La ragione principale del gap sta nell'assenza di competenze specifiche, ritenute indispensabili per il 56,5% dei nuovi ingressi, addirittura per il 64% nell'industria.
«Che l'Italia sia un Paese basato sul settore manifatturiero è un fatto - osserva Claudio Gentili, direttore Education di Confindustria -, eppure molti continuano a ignorarne l'importanza strategica. Forse perché il suo valore non è adeguatamente difeso dalle recenti stime che testimoniano un dimezzamento del peso di questo settore negli ultimi 25 anni, sia in rapporto al valore aggiunto (-13%) che in termini di occupazione (-10,6%)». Per correggere questo "strabismo" è necessario, secondo Gentili, «mettere a punto opportune misure di orientamento per offrire alle imprese ciò di cui hanno bisogno, a partire dai 110mila diplomati tecnici e professionali che nel 2010 non hanno risposto all'appello».
«Che l'Italia sia un Paese basato sul settore manifatturiero è un fatto - osserva Claudio Gentili, direttore Education di Confindustria -, eppure molti continuano a ignorarne l'importanza strategica. Forse perché il suo valore non è adeguatamente difeso dalle recenti stime che testimoniano un dimezzamento del peso di questo settore negli ultimi 25 anni, sia in rapporto al valore aggiunto (-13%) che in termini di occupazione (-10,6%)». Per correggere questo "strabismo" è necessario, secondo Gentili, «mettere a punto opportune misure di orientamento per offrire alle imprese ciò di cui hanno bisogno, a partire dai 110mila diplomati tecnici e professionali che nel 2010 non hanno risposto all'appello».
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