lunedì 31 ottobre 2011

Google porta le app in salotto

Arriva la versione 2.0 per la piattaforma di "connected television" di Big G, che punta su Android 3.1, una nuova interfaccia e applicazioni da scaricare. Mountain View sfida così Samsung e a breve anche Apple, in uno scenario non dissimile da quello degli smartphone. Ma in Italia l'arrivo è ancora lontano. Da La Repubblica.


La prima generazione del progetto tv non era andata granché bene, nonostante le potenzialità e il nome altisonante di Google. Interfaccia complicata e problemi con i fornitori di contenuti ed ecco che la piattaforma tv di Mountain View si arena a pochi mesi dal lancio. Ma stavolta sarà un'altra storia, dicono a Google sul blog del progetto televisivo 1. E la svolta si riassume in alcune parole chiave: semplicità, velocità e soprattutto 'app'.

Google Tv 2.0. Il nuovo passaggio evolutivo della televisione secondo Google passa necessariamente dalle applicazioni. Ormai le tv non sono più solo schermi 2, per quanto sottili e sofisticati. Dentro hanno tecnologie di alto livello e connettività, con funzionalità ormai analoghe a quelle degli smartphone e dei tablet.

Così, la Google tv 2.0 punta su Android 3.1 (Honeycomb) e sulle app, attraverso l'apertura di un'area dedicata sull'Android Market 3. Gli sviluppatori potranno così realizzare prodotti dedicati all'ecosistema della tv, per sfruttare al meglio le caratteristiche degli schermi Hd e delle interfacce disponibili. Sono già 50 gli sviluppatori che hanno contribuito alla sezione tv, e a Google dicono di "non vedere l'ora" che l'offerta cresca.

I partner hardware sono gli stessi della prima generazione, Sony e Logitech. La prima con delle tv appositamente realizzate, la seconda con un dispositivo simil-decoder da usare con qualunque apparecchio.

domenica 30 ottobre 2011

A cosa servono i tablet?

Uno studio condotto in USA ha svelato che il tablet viene utilizzato per la navigazione web, la gestione delle email e, in maniera massiccia, per la lettura delle notizie. Da NOTEBOOK Italia.


Non è un mistero che le vendite dei tablet stanno registrando sempre nuovi massimi. L’avvento delle tavolette digitali che, per certi versi ha messo in difficoltà il settore dei netbook, sembra non essere affatto un fenomeno transitorio e temporaneo. Chiarito questo aspetto, potrebbe essere interessante comprendere anche come i tablet vengano utilizzati più di frequente. Qualche giorno fa, uno studio USA ha evidenziato che gli utenti utilizzano il tablet prevalentemente davanti alla televisione.

Oggi arrivano i risultati di una seconda indagine condotta negli Stati Uniti che dimostra come l’uso dei tablet favorisca la lettura delle notizie, molto più, ad esempio, di quanto non accada utilizzando un comune sistema desktop. A pensarci bene, la notizia non stupisce più di tanto considerando che, negli Stati Uniti, leggere un quotidiano online o abbonarsi alla sua versione digitale, è una consuetudine piuttosto radicata. Qui, in Italia, probabilmente il discorso è diverso.

Non è un caso se i maggiori magazine e testate americane non solo offrano le proprie versioni digitali, ma propongano anche particolari sconti ed incentivi per chi acquista un tablet sul quale è possibile leggere qualunque notizia pubblicata. Lo studio ha preso come riferimento un campione di 1.159 utenti di tablet in un periodo compreso tra l’estate e l’autunno. L’indagine ha rivelato che l’11% degli americani possiede un tablet e che il 77% lo usa ogni giorno, in media per circa 95 minuti. Il dato importante riguarda il 53% degli utenti che legge notizie sul tablet (si tratta della terza attività più popolare, dopo la navigazione web e l’invio/ricezione di email). Come vi avevamo anticipato, emerge che la maggior parte degli utenti legge molte più notizie da quando possiede un tablet.

Creatività e design per vivere bene in 25 metri quadrati

Tra realtà e illusioni: salotti dentro un letto, colori chiari, fondali dipinti, ambienti metropolitani. Da Il Corriere della Sera.


Un tavolino che è anche un ventilatore. Una poltrona che nasconde un trolley, al cui interno c' è un letto d' emergenza. Un pouf che diventa aspirapolvere. Ecco il nuovo design mutante progettato da Lorenzo Damiani, un po' designer, un po' inventore per Campeggi. «I miei oggetti nascono dall' osservare i bisogni di casa mia, vivere in uno spazio ridotto aguzza l' ingegno. Nasce la necessità di sopperire alla mancanza di un ripostiglio, di un sottoscala, dove nascondere alla vista elettrodomestici e valigie». Un arredo che si trasforma, che assolve più funzioni, che fa risparmiare spazio. Oggetti camaleontici che cambiano assecondando i bisogni. È questa da sempre la filosofia aziendale di Campeggi. «Mio padre - racconta Claudio Campeggi -, fondò l' azienda negli anni 50, cercando subito di impostare una ricerca per risolvere il problema di spazio che già allora si presentava grave, nelle grandi città del nord, con le ondate migratorie dal sud e la penuria di alloggi. Da allora cinquant' anni di ricerca, premiati quest' anno dal Compasso d' Oro con la Menzione d' Onore per la Ricerca d' Impresa. Un prodotto che riassume i vari percorsi progettuali è On Off Suite di Giulio Manzoni. «È una proposta estrema che riesce però a risolvere in maniera ironica e intelligente lo spazio». Come un contenitore magico, da un letto che si apre nasce una suite. Un tappeto di feltro definisce le misure dello spazio dove sperimentare varie soluzioni. Sollevato il letto ecco comparire un divano che nasconde un tavolo e le poltrone, che contengono le sedie. Completa la suite un fondale dipinto con una cucina immaginaria. Perfetto per monolocali o mini spazi. Sensibili all' argomento spazio, anche i progettisti di Ikea, «L' 80% dei nostri clienti - afferma Lars Petterson, amministratore delegato Italia - vive in città. La maggior parte in appartamenti, con spazi domestici limitati o mal utilizzati». Sarà per questo che alla festa d' inaugurazione dell' ampliamento della sede di Carugate, nel cuore della Brianza mobiliera, sono state presentate proposte di arredo smart dai 18 mq in su. Belle, funzionali, economicamente accessibili ma soprattutto che facilitano la vita anche a chi vive in pochi metri quadrati. Idee progettuali facili, per scoprire e usare spazi nascosti, mobili multifunzionali che moltiplicano lo spazio. Creatività e qualche piccola grande idea.

venerdì 28 ottobre 2011

Economia digitale, 320 mila posti di lavoro in 15 anni

Secondo uno studio DAG-MC KINSEY: le aziende che hanno maggiormente scommesso sulla leva IT viaggiano a una crescita media annua del 10%. Da Il Corriere della Sera.



Nella lettera di intenti del governo all'Unione Europea per rispettare le direttive comunitarie in termini di stabilizzazione economico-finanziaria non c'è neanche un accenno. E i propositi fissati dall'Agenda Digitale – una road map di interventi fissata da Bruxelles in ottica di una completa informatizzazione dei processi produttivi e amministrativi degli stati membri – sembrano non essere stati presi in considerazione. Certo, le urgenze sono altre. Eppure nell'Italia fanalino di coda europeo per la sua bassa crescita sviluppare al meglio l'economia digitale dovrebbe essere tra le priorità per innescare quel ciclo virtuoso tra investimenti in infrastrutture di rete e ritorno in termini di produttività complessiva alla base delle economie avanzate.

IL RAPPORTO – Ecco perché lo studio redatto da Dag (Digital Advisory Group) – un'associazione composta da 30 grandi aziende tra cui Telecom, Mc Kinsey, Google Italia, Microsoft, Cisco Systems e con la collaborazione del Politecnico di Torino e la Bocconi di Milano – rischia di tradursi in un campionario di cifre e di occasioni mancate per il Belpaese. Subito due dati: l'avvento di Internet in Italia ha creato circa 320mila posti di lavoro in poco più di 15 anni (con un tasso di sostituzione di 1,8 a 1, inteso per uno il posto di lavoro perso a causa del progressivo passaggio alla società dei servizi). E l'economia digitale incide per il 2% sul prodotto interno lordo (con un aumento del 14% in rapporto al Pil negli ultimi quattro anni, quando invece la crescita del paese è stata sostanzialmente ferma). In soldoni solo nel 2010 il contributo diretto di Internet al pil italiano ammonta alla cifra monstre di 30 miliardi di euro, più ulteriori 20 miliardi legati all'indotto. Come dire: quasi il montante complessivo delle due manovre correttive dei conti pubblici varate tra luglio e agosto per rispondere alle tensioni sul debito.

I CONSUMI – Senza considerare l'effetto leva sui consumi che gli esperti traducono nell'acronimo Ropo (“Research Online, Purchase Offline”: cerca online, acquista offline). Due esempi: scrive la ricerca Dag che il 46% dei contratti conclusi dalle agenzie immobiliari nel 2010 è stato supportato dal canale web per un controvalore di 26 miliardi di euro. E circa il 10% dei mutui erogati dalla banche ha avuto la compartecipazione del web, perché molti si sono orientati così nella scelta dell'istituto di credito più vantaggioso in rapporto ai tassi d'interesse richiesti.

giovedì 27 ottobre 2011

I tablet superano i netbook e conquistano l'ufficio

Il mercato delle tavolette cresce a tre cifre (+347%) e 9 aziende su 10 le adotteranno insieme ai telefonini. Il successo dei tablet deriva dalll'elevata portabilità con una buona capacità di visualizzazione e potenza di calcolo, ma soprattutto dall'essere sempre always on, sempre disponibili e con tempi di accensione pressoché istantanei. Da Wired.it


Dopo lo smartphone, nel mercato business fanno il loro ingresso i New Tablet, definizione che racchiude le tavolette di nuova generazione come l'iPad, il Galaxy Tab o il Motorola Xoom e li distingue dai portatili con funzione touch screen che non hanno mai avuto successo.

Nonostante il ICT italiano segni l'1,7% in meno nel primo semestre del 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, i nuovi device crescono del 347% nella prima metà di quest’anno. Una crescita imponente, che rispecchia come nove aziende su dieci stanno affiancando all'iPhone o al BlackBerry la tavoletta magica.

Un trend che non deve stupire visto che rispecchia l'attuale mercato dei device portatili. Secondo comScore, s martphone e tablet oggi raggiungono quasi il 5% del traffico digitale complessivo di Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito, e continuano a crescere a discapito del classico computer. I bit insomma hanno preso un'altra strada.

Come emerge da una ricerca dell' Osservatorio New Tablet & Business Application del Politecnico di Milano, quasi 3 CIO ( Chief Information Officer, i manager che gestiscono l'ICT nelle imprese) italiani su 4 hanno già introdotto o stanno introducendo i dispositivi nella propria organizzazione: il 47% li ha già adottati e il 27% lo farà nel futuro. I dirigenti invece li hanno già (55%) o li avranno in futuro (38%) mentre il personale addetto alle vendite è più indietro: solo il 17% già li usa mentre il 74% li riceverà nel prossimo futuro.

mercoledì 26 ottobre 2011

L'Android Market supera l'App Store (per numero di download)

Google ha un approccio più leggero verso gli sviluppatori che caricano nel Market demo o versioni di testing e incomplete dei programmi (spesso non sono ultimati e, quindi, vengono cancellati) mentre a Cupertino permangono criteri più rigidi nella selezione delle apps, di cui sono per esempio bandite le versioni multiple di prova. Da Il Sole 24 Ore.



Se il predominio negli smartphone passa attraverso la disponibilità (e la qualità) delle applicazioni è indubbio che Google sia oggi nella condizione di poter alzare la voce al cospetto di Apple. La forza dell'ecosistema di Cupertino (apps, iPhone, esperienza d'uso) non è in discussione ma la crescita registrata da Android, anche sotto il profilo della capacità di attrarre sviluppatori e utenti, è evidente.

E lo dicono i numeri. Stando per esempio ai dati resi noti da Abi Research, nel corso del secondo trimestre il negozio virtuale di Mountain View ha superato per numero di download effettuati l'App Store della Mela: il 44% di tutti i programmi scaricati dagli utenti sui propri telefonini da aprile a giugno è attribuibile infatti all'Android Market, contro il 31% raggiunto dallo store della Mela. Il restante 25% delle apps è stato quindi "pescato" dai negozi delle varie Amazon, Nokia, Microsoft e Research in Motion. Il forte incremento delle vendite di smartphone androidi ha naturalmente contribuito al "clamoroso" sorpasso ma a confortare i vertici di Cupertino c'è il dato che riguarda il numero di download effettuati da ogni utente, visto e considerato che ad ogni dispositivo iOs venduto corrispondono circa 2,4 prodotti basati su Android (ed entro il 2016, stando alle previsioni, tale rapporto sarà di 3:1).


Chi guida il mercato dei Tablet?

Android vale un quarto del mercato tablet, ma l'iPad domina incontrastata, anche nelle aziende. Da Il Sole 24 Ore.



Il sistema operativo mobile di Google cresce, quello di Apple perde leggermente terreno: la rivalità fra i due giganti hi-tech californiani nei tablet si potrebbe, dati di market share relativi al terzo trimestre alla mano, sintetizzare superficialmente così.

Più nel dettaglio, i dati sono quelli resi noti nelle scorse ore da Strategy Analitics, Android vanterebbe oggi una quota di venduto su scala globale pari al 27% (per un totale di 4,5 milioni di unità) con un incremento del 2,3% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno mentre l'iPad della Mela si assesterebbe oggi al 67% (in virtù degli 11,1 milioni di pezzi venduti dalla casa di Cupertino) rispetto al 96% di share esibita lo scorso ottobre.


Quello che è in bilico, secondo Strategy Analytics, è invece il futuro predominio di Samsung nell'ambito dell'universo Android: l'ingresso in scena di Amazon con il suo Kindle Fire (in vendita a 199 dollari) potrebbe infatti cambiare i rapporti di forza oggi consolidati e premiare il gigante dell'e-commerce se questo riuscirà come previsto dagli analisti 15 milioni di unità entro il 2013.

Dagli analisti sono quindi arrivate due conferme: i Galaxy Tab di Samsung, accreditati di una quota complessiva di mercato del 9%, sono di gran lunga i tablet Android più venduti mentre la tavoletta di Apple monopolizza o quasi la domanda dell'utenza aziendale. A rompere nel 2012 gli equilibri (per altro ampiamente preventivati) di questo settore, ed a favore della piattaforma di Google, potrebbe essere l'avvento di Android 4.0 "Ice Cream Sandwich", che potrebbe convincere numerosi utenti a preferire i dispositivi e le apps del mondo androide sfruttando la propria natura di piattaforma universale per tablet e smartphone.

Facebook, ecco la mappa mondiale

Ogni 20 minuti 1.484.000 eventi vengono condivisi, 2.716.000 di foto uploadate, 1.323.000 di immagini taggate, 1.851.000 status aggiornati, 1.972.000 richieste di amicizia sono accettate. Da l'Espresso.


Diamo i numeri. Parliamo di Facebook con il pallottoliere (se bastasse) alla mano. Ogni 20 minuti 1.484.000 eventi vengono condivisi, 2.716.000 di foto caricate, 1.323.000 di immagini taggate, 1.851.000 status aggiornati, 1.972.000 richieste di amicizia sono accettate. E, sempre nel tempo di un aperitivo, 2.716.000 messaggi vengono inviati mentre 10,2 milioni di commenti sono pubblicati assieme ad 1.587.000 di post in bacheca.

Provate a moltiplicare queste cifre per un'ora. Per un giorno. Per mesi. Per anni. Per spiegare questa mole di bite-information basti pensare alla "dedizione" che ognuno di noi (chi più chi meno) dedica alla creatura di Zuckerberg: quando si sveglia, il 48 per cento degli utenti tra i 18 ei 34 anni di età per prima cosa controlla il proprio account Facebook, e per il resto della giornata non se ne tiene alla larga considerato che mediamente tutti noi passiamo oltre 700 miliardi di minuti al mese a scorazzare tra 900 milioni fra pagine, gruppi ed eventi e i 30 miliardi (al mese) di link a notizie, blog, album fotografici, video e simili; il tutto con un unico diktat: "socializzare".

Ma i numeri della piattaforma sono da capogiro anche quando fotografano la sua diffusione. Con i suoi oltre 650 milioni di utenti attivi a conti fatti un terrestre su 13 è presente su Facebook. Negli USA la diffusione è quasi totalitaria, per dirla in cifre: 155 milioni di iscritti tra gli Internet user. Cifra che permette all'America di occupare una fetta pari al 23,6 per cento della torta degli utenti mondiali. Ma se lasciamo i confini a stelle e strisce troviamo il restante 70 per cento degli utilizzatori del che si incontrano nel "condominio virtuale" scrivendosi nelle 70 lingue diverse in cui è tradotto.

martedì 25 ottobre 2011

Il confronto passa sul web


Negli Stati Uniti i blog di singoli economisti, molto spesso accademici, incidono sulla visibilità dei risultati scientifici, sulla reputazione degli autori e della loro università e sulle opinioni dei lettori. In Italia, invece, per l'informazione economica abbiamo quasi esclusivamente blog collettivi. Perché? Tre le ipotesi: una minor cultura economica del paese; un maggior grado di concentrazione proprietaria dei media, che lascia meno spazio alle iniziative individuali; una minor propensione al rischio dei nostri intellettuali. Da La Voce.info



Perché molti economisti accademici, soprattutto negli Stati Uniti, dedicano tempo e fatica a gestire un blog? Si pensi ad esempio, a Steve Levitt di Freakonomics, Paul Krugman, Brad De Long, Greg Mankiw, Dani Rodrik, Becker e Posner, Mark Thoma, John Taylor. Forse i professori, a una certa età, sono stufi dei lunghissimi tempi necessari a pubblicare sulle riviste scientifiche? O ambiscono semplicemente a ottenere maggior visibilità, per sé e per i propri lavori scientifici? Lo fanno per spirito civico, per sostenere le proprie idee, per generare un dibattito e avere i feedback dei lettori? E perché da noi questo, con rare eccezioni, non accade?


Un recente lavoro della Banca Mondiale risponde ad alcuni dei precedenti interrogativi. Gli autori, David McKenzie e Berk Ozler, sottopongono a verifica empiricaalcune interessanti ipotesi: ad esempio che a) i link di otto tra i più importanti blog americani alle pubblicazioni scientifiche/working papers citati ne accrescano in modo significativo la diffusione (la frequenza di download e visione di abstract); b) che i blog di economia accrescano la visibilità/reputazione degli autori rispetto a colleghi di pari livello scientifico; c) che i blog influenzino l'interesse e le opinioni dei lettori riguardo ai temi trattati.

Cloud computing, come avere sempre tutto con sé

Un confronto tra i principali tre ecosistemi di cloud computing in lotta per la supremazia: icloud, google e office365. Da Il Sole 24 Ore.




La posta in gioco è l'attenzione: non più soltanto davanti al monitor di una scrivania, ma in movimento oltre le mura di uffici e abitazioni. È un'attenzione scarsa, preziosa, discontinua. Da poco Apple ha varato iCloud: abilita l'archiviazione di musica, video, testi e altri documenti. Soprattutto, sincronizza i dati in modo automatico: non è più necessario dedicare tempo per aggiornarli. Dopo il debutto, però, i primi commenti degli utenti segnalano che occorre pratica prima di gestirla secondo le proprie esigenze. In pochi giorni gli iscritti sono diventati 20 milioni. Hanno 5 Gigabyte di spazio gratuito, espandibili a pagamento: altri dieci Gigabyte costano 16 euro. Ma è un tassello di un mosaico più ampio: iCloud fa parte dell'ecosistema di Apple, un ambiente digitale dove software e hardware sono interconnessi: iPhone, iPad, iPod touch, Mac sono collegati con l'archivio sulla nuvola ("cloud", in inglese), accessibile ovunque attraverso connessioni wifi o con le reti di telefonia mobile. Inoltre chi vuole può decidere di conservare una copia di backup delle sue informazioni su iCloud.
L'impatto dell'uso in mobilità riguarda anche Google: in meno di due anni sono aumentate di quattro volte le ricerche su internet attraverso collegamenti con cellulari, tablet e altri dispositivi portatili. Secondo Informa nell'ultimo anno i sottoscrittori di network 3G sono arrivati a 936 milioni nel mondo, con un incremento del 35% rispetto al 2010. Google ha costruito passo dopo passo un ecosistema a partire dal suo motore di ricerca che riceve un miliardo di visitatori al mese. Prima ha varato la sua posta elettronica (Gmail), che ora si prepara a cambiare grafica. In seguito con altre applicazioni, come i documenti e il calendario, ha ampliato il suo perimetro per catturare l'attenzione degli utenti online, aiutato anche dall'integrazione con YouTube e con Blogger. Sono piattaforme accessibili attraverso il browser durante la navigazione su internet o con applicazioni software. In particolare, se termina lo spazio gratuito a disposizione su Gmail è possibile acquistarne altro con un pagamento di 5 dollari annuali. A trainarne l'uso di posta elettronica e documenti all'interno dell'ecosistema di Google è anche Android, installato su cellulari e tablet. Gli spazi di interazione sono molti, ma gli utenti che vogliono gestire la loro privacy hanno un punto di ritrovo semplificato attraverso le impostazioni della Dashboard: è una sorta di pannello di controllo che mostra un elenco dei servizi sottoscritti e quali sono le opzioni.


lunedì 24 ottobre 2011

Utenti di Facebook , siamo tutti paganti ...

L'iscrizione al social network non costa nulla, ma la nostra presenza sul sito è ripagata abbondantemente agli azionisti. Sul web bisogna abituarsi a essere sia clienti, sia prodotto. Da La Stampa.





Molti utenti di Facebook hanno protestato per le modifiche dell'interfaccia operate a fine estate. Ritenevano un oltraggio non essere stati interpellati. Altri, invece, hanno bacchettato gli “indignados” del network perché a caval donato, si sa, non si guarda in bocca. Insomma, Facebook è gratis, e ti lamenti pure? E' indiscutibile che nessun iscritto al social network debba sborsare alcunché per accedere ai servizi, ma è proprio vero che Facebook è gratis? Ira Winkler, presidente dell'Internet Security Advisors Group e autore del libro Spies Among Us (Spie tra di noi) non è di questo avviso.

Secondo l'esperto di sicurezza informatica, gli utenti pagano con due monete preziosissime: il loro tempo e la proprietà intellettuale sui loro dati. E guarda caso, sono esattamente le monete di cui Facebook ha più bisogno, quelle che può trasformare, senza troppo sforzo, in vera moneta sonante. Winkler, in un articolo di Computerworld USA, invita a quantificare il valore del proprio tempo con autentico spirito americano: tutti i minuti trascorsi sul sito di Mark Zuckerberg sono sottratti a lavoro, iniziative, manutenzione casalinga. Attività per cui, forse, si sarà costretti a pagare altri (lavare un auto, appendere mensole e così via). Si tratta, in ogni caso, di un tempo prezioso, che si trascorre a fare clic sui link di Facebook. E ogni clic fa aumentare il valore delle inserzioni sul social network e frutta dollari su dollari. Ma c'è un altra moneta, secondo l'esperto americano, se possibile ancora più preziosa, che gli iscritti versano con generosità: “tutti i contenuti forniti a Facebook gratuitamente”.

Il lato oscuro delle applicazioni per smartphone

Tremano gli operatori telefonici tradizionali grazie ai messaggini gratis di iMessage e Whatsapp. Però ci perde anche la privacy e i clienti vengono "venduti" ai pubblicitari. Da La Stampa.



Né Sms né chat. La terza vita dei messaggini inizia con l’icona verde di una cornetta che lampeggia sullo schermo del cellulare: il segnale di posta in arrivo. Un pugno di bit che corrono via Internet ma hanno l’aspetto rassicurante del caro, vecchio Sms grazie ad applicazioni come «Whatsapp» e «iMessage», software che aggirano i costi dell’operatore telefonico e si appoggiano unicamente alla rete Web. Nessuna rivoluzione, ma un balzo veloce verso la telefonia del futuro, secondo il New York Times, che intona il requiem per i messaggini di testo a vent’anni esatti dalla comparsa. Un salto nel vuoto, invece, per chi si occupa di privacy e concorrenza. Di sicuro c’è che per portare le app sotto i riflettori c’è voluto lo zampino di Apple. Perché l'ultimo tesoretto lasciato da Steve Jobs è il servizio «iMessage»: un sistema di messaggistica senza limiti di spazio che permette di comunicare con gli altri telefonini della mela. Niente di particolarmente innovativo: esisteva da almeno un anno. Ma la svolta è che sull’iPhone 4s «iMessage» è di serie e, di conseguenza, gli oltre 4 milioni di utenti che hanno acquistato il cellulare nella sua prima settimana di vita hanno iniziato ad usarlo senza neppure fare la fatica di installarlo. Il fratello gemello, che gira su tutti gli smartphone ma va scaricato dalla rete, si chiama «Whatsapp»: costo zero per il primo anno, meno di 2 dollari per il secondo. L’hanno già scelto in 20 milioni, scrive l’informatissimo sito Paidconten. Ma la lista delle applicazioni è infinita: da «Viber» ai servizi di BlackBerry fino all'italianissimo «Skebby». Programmi che sfruttano tecnologie diverse per lo stesso fine: connettere gli utenti dribblando i costi degli Sms tradizionali.


venerdì 21 ottobre 2011

Rewind. E il professore rispiega!

Lanciato in rete il primo videocorso gratuito di letteratura italiana, aperto a tutti. Da Il Corriere della Sera.
Il sito di Oilproject
Il sito di Oilproject
Premere «stop» durante una lezione su Dante. Ascoltare e riascoltare i versi che Eugenio Montale dedicò a Clizia. Farsi spiegare da un altro scrittore un autore «scomodo» come Pasolini, spesso tagliato fuori dai programmi scolastici. Il sogno di tanti - studenti e non - diventa realtà grazie al primo videocorso gratuito di Letteratura italiana, lanciato in Rete da Oilproject in collaborazione con Studenti.it e Working Capital di Telecom Italia. Oilproject, la più grande «scuola virtuale» d’Italia, creata nel 2004 da un gruppo di adolescenti, apre al pubblico un nuovo archivio di seicento lezioni multimediali. Ci sono video di critici letterari, docenti universitari e scrittori, ma anche file audio inviati spontaneamente dai membri della community. Il principio di base è che sia l’apprendimento che l’insegnamento debbano essere aperti a tutti. Per questo i «prof» hanno tra i 14 e i 75 anni e chiunque, da Alghero ad Aosta, può guardare i loro interventi. «Nella scuola che abbiamo in mente noi – si legge sul sito di Oilproject - potrebbe capitarti un professore non laureato: l'importante è che tu stia a bocca aperta ad ascoltarlo».

A differenza di ciò che avviene normalmente in aula, i contenuti sono valutati dagli studenti, che possono esprimere le loro preferenze. Il rapporto con la scuola reale rimane però al centro del progetto. «Ci siamo resi conto che, eccetto per qualche video su YouTube, nell'intero web italiano non ci sono delle video lezioni di Letteratura - ha spiegato Marco De Rossi, fondatore della piattaforma -, e allora abbiamo voluto fornire agli studenti di tutte le scuole superiori 
italiane uno strumento gratuito per integrare, con l'aiuto dei docenti, il lavoro svolto in classe». 


L'articolo continua qui.

mercoledì 19 ottobre 2011

Arriva il Galaxy Nexus con Android 4.0

Presentato il nuovo smartphone che vuole contrastare il dominio dei melafonini. Con caratteristiche all'avanguardia, sarà in vendita dalla seconda metà di novembre. Da Il Sole 24 Ore.



Il Galaxy Nexus (finora proposto con l'appellativo Prime), terzo modello della specie di smartphone che fanno da apristrada e da riferimento nell'universo di Android, è stato finalmente presentato in modo ufficiale. Nella nottata, intorno alle 3.30 ora italiana, Google ha tenuto a battesimo il nuovo modello anche in questo caso affidato a Samsung per lo sviluppo e la produzione.


Sarà disponibile in Italia a partire dalla seconda metà di Novembre e distribuito al prezzo suggerito al pubblico di 599€.  Così come era successo per il Nexus S, primogenito di questa partnership, arrivato dopo il capostitipite Nexus One realizzato da Htc.

Ebbene, il Prime rappresenta lo stato dell'arte tra i cellulari animati dal sistema operativo della società di Mountain View. Innanzi tutto perché ospita Android 4.0, nome in codice Ice Cream Sandwich, dotato di numerose funzioni innovative e caratterizzato dal fatto che unirà in una sola la piattaforma per smartphone e tablet, così da razionalizzare il lavoro per gli sviluppatori e dare la stura al numero di app disponibili per le tavolette multimediali.

Oltre che per consolidare il sistema operativo e per renderlo un'alternativa compatta e non frammentata all'Apple iOS. Dunque, il Galaxy Nexus prevede processore Ti Omap 4460 dual core a 1,2 GHz, 1 GB di Ram, memoria di 16 o 32 GB, connettività Wi-Fi, Bluetooth, Gps, e Umts/Hspa (in alcune nazioni sarà distribuito con supporto Lte) e fotocamera da 5 Mpixel capace di girare video in Full HD. Tra le novità segnaliamo la presenza del barometro e della tecnologia Nfc (Near field communication) utile sia per scambiarsi informazioni tra i telefonini, sia per abbinare accessori wireless, sia per eseguire micro pagamenti.

Microsoft porta il touchscreen ovunque

Arriva da Microsoft OmniTouch, una tecnologia che permette di trasformare - con l'ausilio di appositi sensori, una telecamera e di uno speciale videoproiettore - qualsiasi superficie sensibile in una sorta di schermo tattile. Da Il Sole 24 Ore.




É stata una delle attrazioni di UIST 2012, il Symposium organizzato dalla Association for Computing Machinery's 24th e dedicato al mondo delle interfacce in corso di svolgimento a Santa Barbara, in California. Si chiama OmniTouch, porta la firma di Microsoft Research ed è una tecnologia che permette di trasformare - con l'ausilio di appositi sensori, una telecamera e di uno speciale videoproiettore - qualsiasi superficie sensibile in una sorta di schermo tattile. Un muro, un libro o anche le mani e le braccia possono diventare quindi dei display ed essere utilizzati in punta di dito per operare su una tastiera virtuale o visualizzare immagini e documenti.


Quella esibita dagli ingegneri di Redmond è solo un'anticipazione di quella che sembra essere una tecnologia che apre nuovi orizzonti nel campo delle applicazioni votate al controllo di una Gui, una graphic user interface. OmniTouch, in tal senso, si presenta con un principio di funzionamento molto semplice: l'interfaccia multitouch viene riprodotta sulla superficie prescelta attraverso un piccolo proiettore laser mentre al rilevamento (anche in modalità 3D) dei gesti delle dita ci pensa una telecamera sensibile alla profondità (adattata quindi per funzionare a corto raggio), anch'essa "installata" (al pari del proiettore) sulla spalla dell'utente. Un sistema non propriamente agevole, che richiede come primo step la calibrazione tra la telecamera e il proiettore, ma sicuramente efficace e il video demo preparato da Microsoft lo conferma. 

Jeff Bezos, ceo di Amazon, sarà l'erede di Steve Jobs?

La posizione di forza straordinaria vicina al monopolio assunta da Amazon negli Stati Uniti pone più di una domanda, sia da parte di quelle catene di librerie che si sono trovate in difficoltà, ma anche per gli autori avere un solo interlocutore che pubblica e distribuisce libri può essere un rischio. Ma gli innovatori fanno il loro mestiere. Alla società il compito di esaltarne la positività ed evitarne i danni. Da Il Corriere della Sera.



Steve Jobs ha già un erede. E non va cercato alla Apple. Potrà apparire irriverente per i molti adepti della società che ha rivoluzionato vita e business ad aziende e consumatori. Eppure Jeff Bezos, creatore della libreria virtuale Amazon, sembra volersi mettere decisamente nel solco di quello che è stato definito da Beppe Severgnini l'«ingegnere dei sogni». La sua ultima annunciata iniziativa è lanciare, in questo autunno, oltre un centinaio di libri pubblicati direttamente da Amazon. Vale a dire senza l'intermediazione degli editori. I 122 libri saranno sia in forma fisica che in formato elettronico per e-book.

Soltanto qualche settimana fa Jeff Bezos aveva lanciato un altro prodotto, questa volta nel campo dei tablet. Dopo aver segnato il primato degli e-reader con il suo Kindle, Amazon sta promuovendo ora il Kindle Fire. Rispetto all'iPad della Apple che ha inaugurato la stagione delle tavolette intelligenti, è un tablet a costi più contenuti, sebbene di inferiori dimensioni e prestazioni. La stessa modalità di lancio, un Jeff Bezos sul palco a illustrare qualità e vantaggi del suo Fire, è apparsa molto simile agli ultimi leggendari appuntamenti di Jobs per la promozione dei prodotti del suo i-Mondo.

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martedì 18 ottobre 2011

Smartphone: Android domina nei sistemi operativi, Apple nei dispositivi

La piattaforma di Google ha il 40 per cento del mercato mondiale del cellulari evoluti. E in futuro potrà consolidare il suo primato, dicono gli analisti. Ma la casa di Cupertino è il più grande costruttore. E Windows Phone potrebbe rilanciare Nokia, il gigante in crisi. Da La Repubblica.


Qualche punto di percentuale in più o in meno, ma le società di analisi concordano: il sistema operativo Android ha ormai conquistato il potere nel mercato degli smartphone, e così sarà anche negli anni a venire.

La piattaforma di Google - secondo la società IDC - si appresta a superare il 40% di market share nel secondo quadrimestre dell'anno in corso: avrebbe il 39%, seguita da Symbian (il 20%), iOs (18%), Blackberry Os (14%) e Windows (4%). Il tutto a fronte di un numero di dispositivi venduti da maggio ad agosto 2011 che ammonta a 106 milioni di pezzi.

E se gli analisti di Gartner danno Android nello stesso periodo al 43 % (e Windows al 2%), c'è chi vede già ora il sistema del robottino verde ancora più avanti in un mercato che cresce di oltre il 70 per cento all'anno: la società Canalys, relativamente al secondo trimestre dell'anno, la dà al 50%, con il primato in ben 35 dei 56 paesi interessati dal rilevamento. C'è poco da fare: Android va come un treno e a spingerlo sono soprattutto i mercati emergenti, Asia in particolare.

Anche Apple sorride, e ne ha tutti i motivi. Può vantare il primato come produttore individuale nel settore degli smartphone: detiene infatti il 19%. Le vendite della nuova versione dell'iPhone - che ha stabilito il nuovo record con
un milione di prenotazioni in appena 24 ore 1 - dovrebbero spingerla ancora più in alto. Alle spalle di Apple c'è Samsung (17%), che può' esibire una crescita del 421% rispetto all'anno scorso, grazie soprattutto alla fortunata serie del suo Galaxy S II. Seguono Nokia (16%), Rim e Htc (entrambe con il 12%).

La crescita frenata da troppi monopoli

Lobby e «concertazione» : non è la mancanza di infrastrutture a impedirci di crescere, ma i mille interessi particolari che impediscono le riforme. Ne parla Francesco Giavazzi su Il Corriere della Sera.


Finora per la crescita ha fatto di più Sergio Marchionne, annunciando l'uscita di Fiat da Confindustria, del governo, che punta su una nuova linea ad alta velocità da Lecce a Trieste. Perché non è la mancanza di infrastrutture a impedirci di crescere - almeno non in primo luogo - ma i mille interessi particolari che da decenni impediscono le riforme. E Confindustria è uno di questi.

Una Confindustria non esiste negli Stati Uniti: la National Association of Manufacturers è solo una delle molte lobby attive a Washington, mentre il Business Roundtable è un luogo prestigioso di analisi e dibattito, non di trattative centralizzate. Una Confindustria non esiste più nemmeno in Gran Bretagna, almeno non nella forma di simili associazioni dell'Europa continentale. Sembra esistere soprattutto in Paesi ad alta disoccupazione.

Un conto è la libertà di associazione, di proposta, di lobby, la promozione trasparente di interessi specifici, un altro è sedersi al tavolo con il governo per «concertare» le leggi, contrattando dei « do ut des » con la pretesa di avere il monopolio degli interessi di tutte le imprese.

Undici anni fa, nel giorno in cui Confindustria elesse suo presidente Antonio D'Amato, scrissi su queste colonne che la cosa migliore che gli industriali potevano fare per dare una scossa all'Italia era riformare la loro associazione in modo radicale. Finché Confindustria parteciperà al tavolo della concertazione, giustamente i sindacati nazionali reclameranno il diritto di sedersi anch'essi a quel tavolo. E le politiche continueranno a essere concertate non per il bene dei cittadini, ma dei gruppi di interesse che Confindustria e sindacati rappresentano. In un decennio Confindustria è cambiata, ma nel senso opposto: le cinque maggiori imprese associate oggi sono monopoli, pubblici o privati: Ferrovie, Poste, Enel, Telecom, Eni. In Confindustria comandano, ma con quale credibilità rappresentano gli interessi delle mille piccole e medie imprese che tengono in piedi questo Paese? Con quale credibilità si può parlare di liberalizzazioni e privatizzazioni, dalla distribuzione di gas ed energia elettrica, alle farmacie, alle professioni?



L'articolo continua qui.

lunedì 17 ottobre 2011

La scuola, l'unico volano scaccia crisi

Sono tanti gli ostacoli strutturali alla crescita e non è semplice ordinarli per grado di importanza. Soffermiamoci su un settore: la scuola. Un utile strumento per capire lo stato di salute della nostra scuola sono le indagini Pisa (Program for International Student Assessment), somministrate ogni tre anni a migliaia di studenti di 74 Paesi appartenenti all’area Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e ad altri paesi. Da Il Fatto Quotidiano.



L’economia italiana è sostanzialmente ferma da dieci anni. Non sono ragioni congiunturali quelle che spiegano il nostro ristagno. Se fosse così la situazione sarebbe meno grave. Basterebbe agganciare la ripresa mondiale (che prima o poi arriverà) per tornare a crescere. Ma in più occasioni abbiamo avuto la prova che anche quando il resto d’Europa cresce, anche quando l’economia mondiale cresce molto, l’Italia cresce poco e a volte non cresce affatto.

Ci sono ragioni strutturali che oramai ci stanno facendo impoverire. Basti pensare che fino ai primi anni 2000 avevamo un Pil pro-capite superiore a quello medio dell’Unione europea mentre da vari anni siamo sotto la media. Siamo specializzati, ad esempio, in settori maturi e a scarsa complessità tecnologica e questo ci espone, più di altri, alla concorrenza di paesi emergenti a minor costo del lavoro (Cina, Indonesia, e così via). Le nostre quote sul commercio mondiale cadono. La nostra produttività è sostanzialmente ferma da quasi dieci anni.

Amazon Revolution

L'idea alla base della rivoluzione di Amazon è che gli unici soggetti indispensabili per la vita di un libro sono chi o scrive e chi lo legge. "Chiunque si trova nel mezzo corre tanti rischi quante sono le sue opportunità", spiega Russell Grandinetti, al vertice della compagnia. Da The New York Times e Dagospia.



Dopo aver insegnato agli scrittori che non hanno bisogno di librerie, Amazon fa un passo ulteriore: dimostrar loro che non hanno bisogno nemmeno degli editori. O meglio: che ad essi può sostituirsi Amazon stessa. In tutto e per tutto. È in base a questa nuova formula che la celebre compagnia di e-commerce pubblicherà 122 libri dei generi più disparati, sia in forma cartacea che elettronica. Mettendosi, di fatto, in concorrenza con le case di New York che sono anche tra i suoi più importanti fornitori.

Gli editori hanno drizzato le antenne: Amazon, dicono, sta corteggiando in maniera aggressiva alcuni dei loro maggiori autori. "Sono terrorizzati e non sanno che fare", spiega al ‘New York Times', spiega Dennis Loy Johnson della Melville House. "Tutti hanno paura di Amazon", aggiunge Richard Curtis, agente di vecchia data ed editore di e-book. "Se sei una libreria - dice - un bel giorno ti svegli e trovi Amazon a farti concorrenza. Se sei un editore, un giorno ti svegli e scopri che Amazon fa concorrenza anche a te. Se sei un agente, Amazon potrebbe toglierti di che vivere, offrendo agli scrittori l'opportunità di pubblicare direttamente, tagliandoti fuori. Una vecchia strategia: divide et impera".

L'idea alla base della rivoluzione di Amazon è che gli unici soggetti indispensabili per la vita di un libro sono chi o scrive e chi lo legge. "Chiunque si trova nel mezzo corre tanti rischi quante sono le sue opportunità", spiega Russell Grandinetti, al vertice della compagnia. Fermamente convinto che ci troviamo di fronte a quello che in qualche modo può essere definito il primo cambiamento nel panorama dell'editoria da quando, 600 anni fa, Gutenberg ha inventato il libro modernamente inteso.

domenica 16 ottobre 2011

Pc al mattino, tablet la sera e smartphone di giorno

Una indagine di ComScore sulla frequenza e la modalità con cui si utilizzano i dispositivi di accesso alla Rete – Un quadro articolato che, secondo l’ Ejo dovrebbe convincere le aziende editoriali a diversificare i modelli di offerta dei contenuti sui tre canali. Da lsdi.


Una ricerca effettuata recentemente da ComScore ha delineato la frequenza e la modalità con cui si utilizzano negli Stati Uniti i dispositivi di accesso alla Rete, computer, tablet e smartphone. Si tratta di dati essenziali per l’ elaborazione delle strategie delle aziende editoriali, obbligate a diversificare i modelli di offerta dei contenuti sui diversi canali.

Come racconta Piero Macrì sull’ Osservatorio europeo di giornalismo, la ricerca ha rilevato sostanzialmente queste modalità:
Computer – Il traffico è costante durante le ore del mattino. I picchi si registrano all’ora di pranzo per diminuire rapidamente nelle ore serali
Tablet – Traffico modesto durante le ore lavorative con picchi nelle prime ore della giornata e in aumento in serata tra le otto e mezzanotte.
Smartphone – Traffico costante nelle ore centrali della giornata.

In sintesi – osserva Macrì -, ‘’l’ accesso via Internet alle notizie avviene attraverso il computer durante le ore lavorative, mentre operazioni di browsing via tablet sono concentrate nelle ore pre o post lavorative. Lo smartphone, invece, viene utilizzato, in virtù del fatto che è il dispositivo più personale, in modo costante nell’ arco della giornata’’.

sabato 15 ottobre 2011

Quanto Google rivela di noi ai governi?

Non ci sono solo le intercettazioni. In 6 mesi, le autorità italiane hanno chiesto per 837 volte dati personali di utenti a BigG. Quanta pressione riceve Mountain View? E come risponde? L’analisi di Wired.



Abbiamo ricevuto dalla Polizia Italiana una richiesta di rimozione per un video YouTube che criticava il Primo Ministro Silvio Berlusconi e nel cui finale veniva simulato il suo assassinio per mezzo di una pistola. Abbiamo rimosso il video in quanto violava le Community Guidelines di YouTube”.

Quella che avete letto è la spiegazione ufficiale che Google ha dato per la rimozione di un contenuto da YouTube in seguito a una precisa richiesta governativa. Nel caso non lo sapeste, tra i governi di tutto il mondo è pratica comune contattare le grandi compagnie come Google per sollecitare larimozione di contenuti illegali e l’ acquisizione di dati relativi agli utenti Google al centro di un’indagine.

A differenza di altre compagnie (che, va detto, gestiscono un traffico di dati personali sicuramente inferiore) Google ha deciso di sollevare un poco il tappeto per fare un po’ di trasparenza su queste transazioni. A un anno e mezzo dal lancio di Google Trasparency Report, i tempi sono maturi per fare qualche bilancio: quanti governi hanno sguinzagliato Google a fare pulizia nella Rete? Quanto è stata disponibile Google ad accogliere le loro richieste? Cos’ha fatto il Governo Italiano?

Ecco un po’ di cifre: nel secondo semestre dello scorso anno le autorità del nostro paese hanno fatto arrivare a Mountain View un totale di 49 richieste di rimozione di contenuti, per un totale di 131 contenuti da rimuovere (molte richieste interessano più contenuti). 18 di queste richieste provenivano daautorità come la Polizia Postale, mentre le restanti erano frutto di provvedimenti giudiziari. I tre servizi più colpiti erano YouTube (88 contenuti rimossi), la ricerca Web (22 contenuti rimossi) eBlogger (18 contenuti rimossi). Google ha ricevuto le richieste, le ha esaminate e le ha accolte tutte.

Arriva la nuova release di Ubuntu 11.10, il Felino Onirico

Nuova release per la distro Linux sviluppata da Canonical. Novità per l'interfaccia, il marketplace, le applicazioni FOSS integrate e le architetture supportate. C'è anche un nuovo client Windows per la sincronizzazione remota. Da Punto Informatico.


Rispettando l'usuale tradizione di appellare ogni release della sua distro Linux con il nome di un animale esotico, Canonical ha annunciato la fresca disponibilità di "Oneiric Ocelot": ovverosia Ubuntu 11.10. La nuova versione del sistema operativo Linux con vocazionemainstream porta in dote novità sia alla shell grafica di default che alle tecnologie sottostanti.

La discussa interfaccia Unity è ora disponibile anche in una versione 2D per quei sistemi privi di accelerazione grafica tridimensionale (di una GPU all'altezza, insomma), mentre l'acquisizione e l'installazione di pacchetti software dal marketplace integrato (Ubuntu Software Centre) è stata resa più facile grazie a migliore nella velocità, nella ricerca e nell'usabilità.

Canonical dice di aver migliorato anche l'installazione e la gestione dei servizi di data center con l'introduzione di "Orchestra", mentre chi lavora con l'architettura ARM sarà felice di sapere che Ubuntu ora supporta la piattaforma a basso consumo anche lato server.

venerdì 14 ottobre 2011

Quando le aziende hanno difficoltà ad innovare

Da Kodak a BlackBerry, la storie delle imprese è piena di casi di colossi diventati ex. Da Il Corriere della Sera.


«Non è come un iPhone ma per le email è una bomba» dicevano dei BlackBerry gli esperti fino a tre giorni fa. La bomba però è esplosa e Research in Motion (Rim), l'azienda che produce i BlackBerry, è colpita al cuore nella sua roccaforte, la gestione della posta elettronica. Un'abitudine, quella all'email in mobilità, che ha fatto la fortuna di Rim ma che ora le si è ritorta contro. Ieri i disservizi sono lentamente rientrati e il fondatore Mike Lazaradis è comparso in video con aria visibilmente contrita, chiedendo scusa per i disagi che per tre giorni hanno flagellato i proprietari di uno smartphone con la mora sopra.

I problemi per i BlackBerry non sono del tutto terminati, ma i guai forse sono appena iniziati. Non solo perché gli utenti furiosi potrebbero chiedere i danni in tutto il mondo, a suon di class action . Ma anche perché il rovescio arriva per Rim in un periodo delicato, con il crollo delle azioni al Nasdaq e i BlackBerry che non tirano più come una volta, schiacciati dall'ascesa di iPhone e Android-Google. «È come un colpo sopra un livido» ha commentato l'analista Richard Winsdor, facendo intendere che la situazione della società canadese rischia ora di precipitare.
Ma Rim è in buona, anzi cattiva, compagnia. La storia è costellata di colossi tecnologici passati dalla prosperità al fallimento. O che hanno sfiorato il baratro per poi risollevarsi con una piroetta. Per restare alla telefonia, il boom di Apple e Google nella telefonia ha mandato in crisi nomi storici. Come Motorola, che il cellulare l'ha inventato: era il 1973, si chiamava DynaTac e pesava un chilo e mezzo. Dopo un paio di decenni di alti e bassi e dopo aver dilapidato in un amen, 5-6 anni fa, il successo stratosferico del sottilissimo Razr V3, Motorola ha deciso in agosto di cedere la sua divisione di telefonini proprio a Google.

L'Italia deve salvarsi da sola

Il governatore presidente in pectore della Bce. «Non aspettare aiuti esterni». La politica rompa circolo vizioso. Da Il Corriere della Sera.



«Abbiamo perso troppo tempo» e bisogna agire «con rapidità» per riportare il Paese al posto che merita in Europa. L'Italia «deve salvarsi da sola», senza aiuti esterni: la salvezza e il rilancio possono venire solo dagli italiani. Ma la politica «ha il compito insostituibile di trovare il modo di rompere il circolo vizioso» di privilegi, coalizioni di interessi «prima che questo renda impossibili, per veti incrociati e cristallizzati, le misure necessarie per la crescita». Così Mario Draghi, presidente in pectore della Bce, incarico che assumerà dal primo novembre, a una delle ultime uscite pubbliche da governatore della Banca d'Italia. Draghi ha aperto a Palazzo Koch un convegno dal titolo «L'Italia e l'economia internazionale » alla presenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

LA SALVEZZA VIENE SOLO DAGLI ITALIANI -«È importante che tutti ci convinciamo che la salvezza e il rilancio dell'economia italiana possono venire solo dagli italiani», ha osservato Draghi. «Una nostra tentazione atavica, ricordata da Alessandro Manzoni, è di attendere che un esercito d' Oltralpe risolva i nostri problemi. Come in altri momenti della nostra storia, oggi non è così. E' importante che tutti i cittadini ne siano consapevoli. Sarebbe una tragica illusione pensare che interventi risolutori possano giungere da fuori. Spettano a noi».

SALVARE L'ITALIA PER SALVARE L'EUROPA - «Salvando noi stessi contribuiremo in modo decisivo alla salvezza dell'Europa» ha poi detto Draghi «Nell'anno in cui celebriamo i 150 anni dell'Italia - ha spiegato Draghi - ricordiamo il Risorgimento dei nostri bisnonni nell'Ottocento e l'unità di intenti che nel dopoguerra ci consentì di assicurare il progresso del paese con la Costituzione repubblicana, con la promulgazione delle leggi volte a garantire i fondamentali diritti sociali e civili dei cittadini, con la sconfitta del terrorismo». «In quei momenti cruciali si manifestò la concordia di fondo del paese, al di là del necessario e duro confronto politico. Abbiamo oggi bisogno della stessa ispirazione, della stessa intelligenza».

Il fallimento di Google+??

Un ingegnere di Google ha messo online per errore una lunghissima serie di considerazioni su Google+  in cui è molto severo sulla qualità del prodotto e sulle sue chances. L’articolo è stato ritirato ma ormai aveva fatto il giro della rete, e sarà un incidente non da poco nell’immagine di Google+. La storia è raccontata su Punto Informatico.


Un ingegnere software di Google ha per sbaglio condiviso una dissertazione da 4.578 parole sui fallimenti della sua azienda: con pensieri particolarmente critici nei confronti di Google+, l'ultimo tentativo in ordine di tempo di esordire nel settore dei social network da parte di Mountain View.

Steve Yegge si era sfogato con un lungo scritto destinato ad una cerchia interna a Mountain View, ma per uno sbaglio attribuito - ironia della sorte - alla sua non esperienza con Google Plus, l'ha divulgato pubblicamente: "Google+ - scrive proprio sul social network - è il primo esempio del nostro completo fallimento nel capire le piattaforme dal più alto livello (ciao ciao Larry, Sergey, Eric e Vic) fino al più basso (ciao a te)". La "regola d'oro", spiega quindi, è quella di affidarsi al proprio "mangime", mentre Google+ non sarebbe altro che un "ripensamento patetico" e "una reazione istintiva" al successo di Facebook.

Secondo Yegge, che cerca di fare un ragionamento su cosa manca al prodotto a cui sta lavorando, invece, Facebook ha successo non tanto perché ha un grande prodotto, quanto perché ha creato un'intera costellazione di prodotti lasciando fare il lavoro agli altri: il rilascio delle proprie API sarebbe il fattore di successo che manca a Google che ha esordito con il suoplus senza rilasciarne delle proprie o comunque con una prospettiva inversa, cioè reagendo alle necessità espresse dalla comunità, invece di lasciar nascere le soluzioni insieme alle domande direttamente dalla community.

giovedì 13 ottobre 2011

Raddoppiate le imprese che investono in rete

Negli ultimi cinque anni l'investimento delle aziende in pubblicità sui media cartacei è diminuito del 27,7% e persino l'investimento sulla televisione ha registrato un pericoloso -11,7%. Al contrario, il web è salito del 46,1% ed è aumentato del 107% il numero di aziende che hanno investito in rete. Da La Repubblica.



Nel 2011 l'intero settore della pubblicità chiuderà con una flessione del 3% a 8,7 miliardi di euro, mentre l'advertising online sfiorerà quota 1,2 miliardi 1, in crescita del 15% sul 2010 (1,188 miliardi, per una quota del 14% sul totale, era al 4% nel 2006). L'anno prossimo, ipotizzando una crescita tra il 10 e il 15%, con il suo miliardo e mezzo circa la pubblicità online sarà quindi seconda solo alla vecchia televisione che però continua a raccogliere poco meno della metà delle risorse.

La vittoria del web arriva nei confronti della carta stampata. Negli ultimi cinque anni l'investimento delle aziende in pubblicità sui media cartacei è diminuito del 27,7% e persino l'investimento sulla televisione ha registrato un pericoloso -11,7%. Al contrario, il web è salito del 46,1% ed è aumentato del 107% il numero di aziende che hanno investito in rete.

L'obiettivo dichiarato da Salvatore Ippolito, presidente vicario di Iab, è portare l'online al 20% dellaraccolta pubblicitaria totale a 2 miliardi di euro. E i dati di Iab aggiornati a giugno danno credito alla previsione: il 72,8% degli italiani accede a internet a casa, in ufficio e in mobilità (+7,5% rispetto a giugno 2010). Il 68,2% degli utenti accede a internet da casa con il proprio Pc (+10,5%), il 40,5% accede al web dal luogo di lavoro (+4,9%), mentre il 17,2% utilizza il web in mobilità (+73,7%). E a proposito di audience tv, 23 milioni di utenti al mese entrano in un social network (86% della popolazione), con una crescita del 14% rispetto a giugno 2010.

mercoledì 12 ottobre 2011

Nuove allergie: arriva il mal di wireless

Il 5% della popolazione americana soffre di ipersensiblità elettromagnetica (Ehs), causato dall'esposizione ai campi prodotti dai telefoni cellulari, dai dispositivi wireless e da qualsiasi altro apparecchio elettronico. La malattia, non ancora riconosciuta ufficialmente, provoca emicrania, spasmi muscolari, difficoltà a concentrarsi e forti dolori al petto che possono rendere la vita un vero inferno. Da Lettera43.



INTOSSICATA DAL WI-FI. «La mia faccia diventa rossa, la testa comincia a far male, la vista si modifica», ha spiegato la donna, che si è trovata costretta a lasciare la sua residenza in Iowa per trasferirsi nella minuscola cittadina di Greek Bank, in West Virginia, un'isola felice in cui i segnali wireless sono banditi perché potrebbero interferire con i radiotelescopi piazzati nell'area per catturare i segnali dallo spazio.

Non è riuscita a trattenere le lacrime Diane Schou, raccontando la sua particolare forma di “intolleranza” di fronte alle telecamere della tivù inglese Bbc. «È una cosa orribile dover vivere da prigionieri», ha dichiarato.
Diane appartiene a quel 5% di americani che dichiarano di soffrire di ipersensiblità elettromagnetica (Ehs), un disturbo ancora non riconosciuto dalla medicina ufficiale e causato dall'esposizione ai campi prodotti dai telefoni cellulari, dai dispositivi wireless e da qualsiasi altro apparecchio elettronico. I suoi sintomi includono emicrania, spasmi muscolari, difficoltà a concentrarsi e forti dolori al petto che possono rendere la vita un vero inferno. Adesso Diane può vivere serenamente e sembra non accusare più alcun sintomo, ma il suo caso ha suscitato più di una perplessità nella comunità scientifica internazionale che ancora si interroga sugli effetti biologici delle radiazioni elettromagnetiche.


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martedì 11 ottobre 2011

Rock 'n' Jobs

Steve e quell’ultimo modo scelto dal mago della Apple per dare un brivido sexy alla nostra vita. Da Il Foglio.


La tecnologia è stato l’ultimo rock’ n’ roll.Qualcosa che trasmetteva il brivido e l’eccitazione della gioventù. La morte di Steve Jobs, dopo lunga e invincibile malattia, diventa un passo decisivo nella sbrigativa storicizzazione del fine Novecento, perché il distacco, il divario s’allarga, eppure il nostro stile di vita del presente affonda le radici e le origini principalmente lì, non certo più nelle euforie anni Sessanta. Lì la nostra esistenza e la nostra figura sociale hanno acquisito la nervatura (tecnologica) che oggi ne organizza l’indispensabile connessione sociale. Lì il concetto di rete virtuale permanente ha ridefinito il senso e la geografia della comunità, soppiantando le questioni di censo e rendendo la vita un’esperienza d’infinito contatto.

Steve Jobs risiede al centro di questo disegno civile e per questo va fatto santo subito e del resto il procedimento s’è avviato per proliferazione spontanea, per unanime acclamazione popolare. Però è anche vero che il commiato dal grande fondatore contiene una cifra d’insopprimibile malinconia con la quale tanti faranno i conti, nel retrobottega delle proprie occupazioni abituali. Fa paura il vuoto lasciato dalla convergenza tra l’intelligenza visionaria di Jobs e la sua capacità di concretizzare le intuizioni, trasformandole da aura di mistico progresso in fantastici gadget, dotati di un rigenerativo, misterioso potere spirituale. E viene a mancare il suo modello, quel suo vivere dentro la tecnologia senza la pretesa d’essere il miglior tecnico del mondo (nei giorni eroici era stato un fenomeno anche in quello), immergendosi nella digitalizzazione come in un’esperienza religiosa, dove l’invenzione diventa la miracolosa manifestazione del futuro, il progresso che si fa cosa, al termine di un percorso di volontà ed eccellenza. Jobs ormai si era elevato al di sopra dell’essere il genio della telematica, verso un ruolo profetico, di potere e rilievo superiore a quello dei capi assoluti della politica e delle confessioni del pianeta, confermando il superamento dell’età della politica e della contrapposizione dei pensieri a favore di un’epoca di comunione verso una possibile felicità, il cui combustibile è rappresentato proprio dalla chance tecnologica.


Attenti all'ISTAT

Il quindicesimo censimento dell'ISTAT assomiglia ad un'edizione de "La settimana enigmistica". Ne traccia un quadro sconfortante Il Fatto Quotidiano.


istatLa Divina Commedia dei nostri giorni va letta con il testo a fronte. Con busta bianca dell'Istituto nazionale di Statistica, a circa 25 milioni di famiglie italiane, il quindicesimo censimento della storia nazionale è stato recapitato con la traduzione. L'aiutino si intitola "Guida alla compilazione dello stato di famiglia" e dovrebbe permettere di orientarsi senza indulgere a crisi isteriche o ausilii psicanalitici, nel labirinto di Cnosso dell'anno di grazia 2011. Simile a un trattato di Diritto Pubblico, in realtà serve a poco.

Più difficile del gratta e vinci, ma comunque meno arduo della Recherce proustiana, il censimento generale della popolazione e delle abitazioni consta di 32 pagine. La prima sembra un quadro dadaista. Disegnini. Stilizzazioni di mano che invitano il compilante a recarsi col malloppo all'ufficio postale. Divaricazioni improvvise, freccette multicolore, perle di puro non-sense che brillano ovunque.

Nel paragrafo "istruzione e formazione" alla domanda sul titolo di studio, se non si sa né leggere né scrivere, si viene indirizzati comunque alla domanda 5.11. È alla pagina dopo. Seguono altri due quesiti misteriosi su aggiornamenti professionali e corsi di studi che rimandano a ulteriori curiosità sull'A.F.A.M e sui suoi corsi. Se il presunto analfabeta ignora sia l'acronimo di alta formazione artistica, musicale e coreutica, è fottuto. A chi ha studiato non va meglio. A pagina sette si incontra la sciarada sull'impianto di climatizzazione. Se non si ha un caldaista a casa, meglio rinunciare.

La battaglia navale del combustibile prevede quattro opzioni orizzontali e sette verticali. Per far conoscere allo Stato impianto e combustibile della propria abitazione, il compilante deve conoscere la differenza tra Metano e Gpl, radiatori e pompe di calore, impianti eolici o fotovoltaici.

Social network per trovare lavoro: facebook batte linkedin

Prendersi cura del proprio profilo Facebook può essere più redditizio del curare quello su Linkedin. Il raccconto su Il Sole 24 Ore.



Che le piattaforme social abbiano peso anche nella vita professionale non è una novità, lo dimostra Linkedin che, con i suoi 115milioni di iscritti, è uno strumento usato di frequente da quei datori di lavoro che sono alla ricerca di figure professionali da inserire in posizioni esecutive. Lo strumento preferito diventa però Facebook quando i datori di lavoro cercano nell'ambito scolastico o universitario chi si annuncia per la prima volta al mondo del lavoro. Facebook entra sempre più nelle grazie anche degli head-hunters.

Questo sorpasso, a modo suo ha un risvolto interessante e storico, evidenziato da uno studio commissionato e in parte condotto da Potentialpark, società svedese specializzata negli studi sulla ricerca del personale che si è posta la domanda sul dove cercare i nuovi talenti. I risultati di questa indagine, non ancora pubblicati, sono stati parzialmente anticipati dal sito Mashable.

Lo studio è stato condotto su 30mila studenti sparsi ovunque sul globo e su 500 aziende con base in America, in Europa e in Asia. Il risultato a livello europeo è a favore di Linkedin, giacché il 48% degli intervistati giudica Facebook "il posto sbagliato dove cercare". Risposta che appare davvero scontata, soprattutto perché la tanto decantata privacy che, più di una volta a fatto sobbalzare Zuckerberg sulla sedia, ora si rivolta contro tutti gli utenti che hanno blindato il proprio profilo, sbattendo così la porta in faccia anche a chi vorrebbe consultarlo per una valutazione professionale.